Direttamente dalla natura arrivano alcune risposte alla domanda di salute, spesso confortate anche dagli studi della medicina. Esistono, infatti, piante che utilizzate nelle cucine o nelle tradizioni mediche di alcuni paesi anche da migliaia di anni, possono apportare benefici sufficientemente conclamati anche a livello della ricerca scientifica.
Questa volta parliamo dei benefici di una pianta, utilizzata già dai nativi d’America come rimedio tradizionale per problemi di salute . Ne utilizzavano principalmente le foglie bruciandole nei riti propiziatori. La Yerba Santa è conosciuta come un ottimo rimedio naturale contro uno stato depressivo lieve accompagnato da fame nervosa o compulsiva con il conseguente aumento di peso.
Grazie alle sue proprietà riesce a ridurre il senso di fame e allontana il malumore e l’angoscia che si hanno quando si tende a mangiare troppo per riempire il vuoto che si sente dentro. L’erba santa è utilizzata anche per le ferite, i muscoli e i reumatismi. Pare per di più che le sue proprietà vanno ben oltre poichè sarebbe in grado di ridurre il gonfiore del cervello associato allo sviluppo di una  neuropatologia come l’Alzheimer che ” è una delle cause di morte principali negli Stati Uniti», dice la dottoressa Pamela Maher, del laboratorio Salk. «E visto che l’età è uno dei primi fattori di rischio, i ricercatori stanno esplorando un modo di contrastare l’effetto stesso dell’età nel cervello. Noi crediamo che la sterubina sia un potentissimo componente neuroprotettivo, originario della Yerba santa californiana (Eriodictyon californicum) e rappresenta un passo importante verso la strada giusta».
La sterubina, un flavonoide che dà all’erba santa il suo distintivo sapore agro, ha un impatto antinfiammatorio potentissimo sulle cellule del cervello ed è efficace contro gli induttori di morte cellulare nei nervi: in altre parole, potrebbe aiutare a rallentare o prevenire gravi disturbi neurodegenerativi come l’Alzheimer. Secondo la dottoressa Maher, il potere dell’erba santa è stato finora sottovalutato dalla scienza. La speranza è che in futuro i test clinici che includono questo composto flavonoide possano offrirr dei risultati positivi, con cui poi procedere nello sviluppo dei trattamenti contro la demenza.