Se la musica segue fasi cicliche di rinnovo e di nostalgico ritorno al passato, i Kaiser Chiefs ne sono la dimostrazione lampante. La scuola britannica, si sa, ha da sempre dettato legge per un certo gusto retrò di movimenti come il nu-rock&roll degli Strokes o il post-punk alla Franz Ferdinand. Adesso è la volta del Brit Pop stile anni ’90, riproposto in maniera alquanto brillante da cinque scalmanati provenienti dalla piovosa Leeds. La storia di questa band d’oltremanica si distingue dalle altre per aver conquistato le classifiche inglesi senza essere coscienti del proprio potenziale, avendo come unico obiettivo quello di partecipare al Leeds Festival nel 2003. I KC si presentano con una forte dose di autoironia, fermo restando una certa amarezza di fondo per l’alienante vita di provincia, e possono essere presentati al grande pubblico come i degni eredi degli intramontabili Blur. Nel giro di un anno vengono apprezzati dalla critica e proiettati sul palco degli NME Awards Tour, fianco a fianco con nomi di punta come Killers e Futurheads. Le dodici tracce del loro album d’esordio, “Employment”, rappresentano una vera e propria boccata d’aria fresca: creatività, rumore e orecchiabilità ne sono le note più vive. Se si è cresciuti a pane e Blur, certo, brani come il singolo apripista “Oh My God” saranno occasione di un piacevole ritorno al passato, ma l’affollamento dei concerti di novembre dimostra il grande impatto avuto sul pubblico. Promossi a pieno, dunque, i cinque divertenti compagni di scuola, primo fra tutti il frontman Ricky Wilson, un vero e proprio concentrato di folklore nord-britannico.