Che nel matrimonio non si possa mai dormire sonni tranquilli, lo si sapeva. Ora arriva anche la conferma. Un sondaggio realizzato nel 2005 dalla National Sleep Foundation rivela infatti che il 23% delle coppie americane sposate dormono in camere separate. Per la stragrande maggioranza degli americani, tornare ai rigidi costumi puritani immortalati dai film hollywoodiani degli anni ’30, ’40 e ’50, è una necessità. “Se non dormo, esco fuori di testa”, spiega Barbara Cohen al Washington Post, una pediatra di 33 anni, che ha dormito con il marito fino alla nascita del loro primo figlio. “Da allora il mio sonno si è fatto molto leggero; ogni volta che lui mi svegliava, volevo ucciderlo”. Esausta, nervosissima e con un diavolo per capello per un nonnulla, la Cohen si è trasferita nella stanza degli ospiti. “Da allora mi sento rinata e il rapporto con mio marito non è mai stato più solido”. Per alcune coppie il dormire in camere separate è una strategia per mantenere vivo il rapporto. Kirsten e Bill Hawkins, di Silverspring, dormono ognuno per conto proprio da lunedì al venerdì, per tornare a riunirsi nei weekend. “In questo modo non ci si annoia mai l’uno dell’altro”, spiegano al giornale americano. Ma per Helene Emsellem, docente di neurologia alla George Washington University e una delle massime specialiste in problemi del sonno, il trend è “solo positivo”. “Per ricaricare il proprio corpo e la propria psiche, un adulto necessita tra le sette e le nove ore di sonno a notte”, spiega la professoressa Emsellem, “se siamo stanchi, a risentirne, alla fine, è proprio la relazione con il nostro partner”. A darle ragione è lo stesso sondaggio della National Sleep Foundation, dove il 23% delle coppie sposate afferma che la stanchezza ha compromesso gravemente la loro vita sessuale; più di un terzo ammette che le cattive abitudini del coniuge durante il sonno ha rovinato in modo irreparabile il matrimonio. Il trend allarma gli addetti ai lavori, secondo i quali è un campanello d’allarme che rivela la crisi generalizzata della coppia americana. “Cela la difficoltà a scendere a compromessi e l’impulso punitivo di almeno uno dei partner”, assicura Norman Epstein, docente di terapia familiare all’università del Maryland, “queste coppie hanno un’incapacità cronica a raggiungere l’intimità che spesso li spinge a contrassegnare il proprio territorio nella stanza da letto con montagne di libri e calze sporche”. Linda Rogers, consulente matrimoniale, è d’accordo. “Si comincia con le camere separate, si finisce in divorzio”, spiega, “soprattutto in una società in cui non si fa altro che correre dalla mattina alla sera, senza il tempo per parlare, è importante mantenere un contatto fisico, che ti permette di sentirti anche emotivamente vicino al tuo partner”.