RIINA FAMILY LIFE. «Quel 23 maggio era un sabato. Me lo ricordo bene perché molti dei nostri amici non erano andati a scuola e quindi avevamo potuto passare tutta la giornata in giro coi motorini. Avevo compiuto da poco quindici anni e tutti i pomeriggi io e Giovanni ci vedevamo con il resto del gruppo per chiacchierare o fare una partita a calcetto».

Comincia così il racconto di come la strage di Capaci fu vissuta in casa di Totò Riina secondo Salvo Riina, terzogenito di Totò Riina e Antonina Bagarella. Il settimanale OGGI anticipa un capitolo importante del libro «Riina family life» (Edizione Anordest), in libreria da giovedì 7 aprile.

Salvo Riina, oggi libero dopo aver scontato 8 anni e 10 mesi per associazione mafiosa, rivela: «Sembrava di stare in guerra ad ogni angolo delle strade, e con mio fratello Giovanni dovemmo fare qualche slalom di troppo per guadagnare la strada di casa… A casa c’erano tutti. Entrammo e mia madre subito ci fissò, senza dire nulla. La tv era accesa su Rai1, e il telegiornale in edizione straordinaria già andava avanti da un’ora. Non facemmo domande, ma ci limitammo a guardare nello schermo». E ancora si legge, come anticipa OGGI: «Pure mio padre Totò era a casa. Stava seduto nella sua poltrona davanti al televisore. Anche lui in silenzio. Non diceva una parola, ma non era agitato o particolarmente incuriosito da quelle immagini. Sul volto qualche ruga, appena accigliato, ascoltava pensando ad altro e nessuno di noi aveva voglia di confrontarsi sull’accaduto». Poi conclude Salvo Riina: «Mi convinsi che non ero più un bambino e accettai la percezione che tutta Italia in questo momento stava cercando Totò Riina, il capo dei capi, disse qualcuno. Però la vita continuava e bisognava andare avanti, magari anche con incoscienza. Non ci avrebbero mai presi».