L’Intelligenza Artificiale e l’influenza che avrà nelle nostre vite: dall’occupazione, dove non verranno cancellati i lavori, ma solo alcune delle mansioni del lavoratore ed altre cambiate, alla salute, settore in cui ci saranno novità nella diagnostica per immagini grazie a degli algoritmi di supporto all’occhio del professionista.

“L’Intelligenza Artificiale, nota anche come IA – spiega Alessandro Vitale, CEO di Conversate – è una disciplina che si occupa di realizzare macchine che sono in grado di percepire stimoli esterni, prendere decisioni e compiere azioni. Essa è destinata ad entrare nelle nostre vite, portando benefici sia alle aziende (diventando la nuova fonte di produttività), sia all’uomo. Nel settore della sanità, per esempio, le principali novità riguarderanno il campo della diagnostica. Per analizzare immagini quali le lastre, infatti, alcuni algoritmi sono migliori dell’occhio umano, anche se fanno solo una parte del lavoro e quindi devono essere concepiti come un supporto. Si dovrà trovare il giusto modo per far ‘collaborare’ macchina e uomo. Nel campo della medicina di precisione, inoltre, analizzando tutti i dati disponibili di una persona, fino al suo DNA, è possibile creare delle medicine personalizzate per ognuno di noi. Sul versante operazioni chirurgiche, invece, siamo ancora molto indietro. Non è consigliabile affidarsi a dei robot, il cui posto è ancora all’interno delle fabbriche”.

“Altri possibili effetti, ma ancora poco chiari, riguardano l’occupazione. Quasi tutti gli studi dicono che l’Intelligenza Artificiale non cancellerà completamente i lavori, ma solo alcune delle mansioni più ripetitive all’interno di essi e, al tempo stesso, li trasformerà. Più che preoccuparci della mancanza di lavoro, dovremo concentrarci su come insegnare alle persone i nuovi impieghi di cui ci sarà bisogno”.

Uno degli aspetti che limitano lo svilupparsi dell’Intelligenza Artificiale in Italia è la mancanza di competenze, poiché, secondo l’esperto “ci sono poche persone in grado di svilupparla e non riusciamo nemmeno a trattenere i nostri talenti, che emigrano all’estero attratti dagli investimenti pubblici e privati che stanno facendo gli altri Stati. Un altro problema, poi, è di tipo legislativo perché per avere le auto a guida autonoma ci vogliono delle leggi che lo consentano, e lo stesso vale per gli ambiti della Medicina e della Sanità”.

L’Intelligenza Artificiale è lo strumento più potente messo a disposizione dell’uomo e, come in tutte le cose, ci sono dei possibili rischi.
“Uno di essi è legato all’ignoranza – commenta Alessandro Vitale – Siamo all’inizio della diffusione dell’I.A. ed è come se fossimo dei bambini nella sala di controllo di una centrale nucleare: con la mancanza di conoscenze ed esperienze specifiche c’è il rischio che venga utilizzata male. Inoltre, un ruolo centrale l’avrà la diffusione dell’etica nelle organizzazioni aziendali per poterla usare affinché i benefici siano di tutti”.
“L’Intelligenza Artificiale è anche una fonte di produttività. Se le aziende non fossero produttive ci potrebbe essere il rischio di non generare il profitto da cui, poi, arriverebbero i ‘tesoretti’ per attuare politiche pubbliche di miglioramento”.

E per le Fake News? “L’Intelligenza Artificiale lavora sulla base di analogie e similitudini: se vede un’immagine in cui sono presenti segnali di una malattia ed un’altra in cui non ci sono, riesce a capire quali siano gli elementi che determinano quella malattia. Per le Fake News, o la comprensione dei testi, la cosa è differente perché si presuppone che l’I.A. compi un ragionamento: non è detto che una notizia simile ad una bufala sia anch’essa falsa. E’ difficile, quindi, che in futuro l’Intelligenza Artificiale arrivi a riconoscerle. Ci vorranno nuove invenzioni ed approcci per avere miglioramenti anche in questo ambito”.

E’ possibile averli in futuro? “Ogni anno, dagli anni ’70 ai giorni nostri, ci si chiede quando arrivi l’I.A. generale, tipica dei film di fantascienza, e la risposta è sempre che arriverà fra 20 anni. Al momento, quindi, dico no perché non abbiamo elementi per dire che fra 10 o 20 anni saremo in grado di farlo”.