Come diceva Saba ”l’opera d’arte è sempre una confessione”. I racconti di Edith Pearlman sono questo: confessioni impreviste, nascoste, dimenticate, la condizione umana in tutta la sua perfetta fragilità, tra lampi di luce e colore. Se Vivian Maier si aggirava per New York scippando frammenti di vita quotidiana, allo stesso modo Pearlman apre porte sul retro, scosta tende, spia dentro le vetrine dei negozi di una cittadina del Massachussetts dove ci si conosce tutti e svela i volti dietro le maschere, espone attimi di limpida meraviglia e pozze di inaspettata crudeltà. Lo fa con una prosa affilata e poetica, che ferisce e commuove, confermandosi degna erede della grande tradizione americana.
Edith Pearlman
Intima apparenza
Bompiani