Nell’epoca dei Family Day e dei Family Gay, dei Dico e non dico, divisi tra teodem dell’ultim’ora e laicisti accaniti, in uno scenario dai risvolti neo-medievali e dal retrogusto del “Già detto! Già visto!”, le passerelle, perlomeno quelle dell’enfant terrible della moda d’oltralpe, si popolano di splendide e sensuali vergini che camminano sul filo di un rasoio, al limite del blasfemo – griderebbe qualcuno – tra culti cristiani e figure profane, comunque tutte dal fascino indiscutibile. Sepolti da tempo striscioni femministi e desideri di sessuale libertà, tra interferenze mediatiche ed ecclesiastiche minacce, la moda, quella che non dimentica mai di essere espressione di tempi e culture, fa camminare – non sull’acqua, ma sotto i riflettori – cerulee madonne ed ammalianti virago.  Quasi come di fronte ad un miracolo tutto moderno, sulle passerelle di Jean Paul Gaultier si vedono sfilare vergini piangenti dalla pelle d’avorio, apparizioni dai capi fasciati e coronati da aureole di vari materiali. Mentre ostentano ricche borsette e lussuosi ex-voto, non mancano Vangeli e rosari.Casti abiti dalle linearità tutt’altro che scontate fasciano esili corpi dalle forme mai gridate ma solo accennate, nel più classico dei giochi del vedo/non vedo. Abiti arricchiti di pizzi ed immagini che rimandano alle fastose e ricche vetrate delle basiliche e delle cattedrali di mezza Europa. La creatività, l’estro e la provocazione a cui Gaultier ha abituato il suo pubblico non tardano a farsi vedere: strascichi che miracolosamente si trasformano in copricapi mariani, veli trasparenti con le effigi di un giovane messia coprono seni rigogliosi, cuori trafitti e lacrime di sangue. In una torrida estate come questa, le visioni e i miraggi non potevano mancare dalle passerelle. Di fronte a tanta ipocrisia e ad un gridato moralismo di antica memoria, l’arte e la creatività riescono nuovamente a far riaccendere la speranza di un moderno Rinascimento, mentre di sottofondo il dj si lascia scappare le note di un’ altra Madonna, quella di Like a virgin.