Chiudete gli occhi e andate a tentoni: una musa vi guiderà verso il romanzo della vita. E se non è una divinità greca a suggerire il percorso, allora fidatevi del passaparola: la storia editoriale del romanzo “L’ombra del vento”, di Carlos Ruiz Zafòn ( pp. 438, euro 18, Mondatori) deve la sua fortuna ai commenti ammirati dei suoi estimatori che non a qualsiasi costosa campagna promozionale. L’idea letteraria prende spunto dall’incontro di Daniel Sempere con il romanzo maledetto “L’ombra del vento” dell’autore sconosciuto, Julián Carax. Interessato e curioso, il giovane protagonista affronta la sua infanzia infelice, così come il suo alter ego commisera le proprie intricate vicende familiari, i propri amori fatali, tra violenza e omicidi: di libro in libro, protagonista e spettatore maturano e l’intreccio romanzesco finalmente si ricompone. Lo scrittore barcellonese Carlos Ruiz Zafón, fino a oggi autore di libri per ragazzi e sceneggiatore a Hollywood, riesce a costruire un meccanismo avvincente e avvolgente che trascina i suoi lettori verso estenuanti maratone, infondendo vita a pagine bianche e a personaggi senza futuro e autodistruttivi. L’ingenuità ed il gusto per l’eccesso sono solo effetti collaterali in questa opera prima: semplicemente piacevole l’umorismo che ci regala la magistrale e indimenticabile figura di Fermìn Romero de Torres, aiutante vagabondo del giovane Daniel che il ragazzo riscatta da una vita di strada e di alcol assoldandolo come cerca-libri per la bottega del padre. Ogni singola emozione risulterà vivida, simile a quella che il romanzo omonimo di Carax suscita in Daniel: “Pagina dopo pagina, mi lasciai trascinare in un turbine di emozioni sconosciute, in un mondo misterioso e affascinante popolato da personaggi non meno reali dell’aria che respiravo. Mi abbandonai a quell’incantesimo (…). Non volevo abbandonare la magia di quella storia, né, per il momento, dire addio ai suoi protagonisti”.