Domani 7 luglio al Multiplex Arca il 42° Flaiano Film Festival presenta in Sala 5 alle ore 20.30 un omaggio al regista ad attore Terry Gilliam che riceverà domenica 12 luglio a Pescara il Premio Flaiano. Sarà proiettato “Monty Python. Il senso della vita“: i Monty Python, il noto gruppo di attori di cabaret inglesi, in una satira brillante e spesso irresistibile sulle assurdità dell’esistenza (il titolo è sarcastico, la vita non ha alcun senso). Nel mirino dei comici britannici le guerre coloniali, la vita di caserma, il mondo della finanza, il controllo delle nascite, il cenone di Natale.

Alle ore 18,00 per la rassegna ragazzi “Mune. Il guardiano della luna” di A. Heboyan e B. Philippon: i guardiani della luna e del sole sono ormai anziani ed è ora che designino il loro successore. Le redini del sole passano a Sohone, che si allena da sempre allo scopo, mentre la custodia della luna viene affidata inaspettatamente al piccolo fauno Mune, che non si sente all’altezza e non sa dove mettere le mani. Al punto che combina un guaio e mette il guardiano delle tenebre nella condizione di rubare il sole. Mune e Sohone si alleano, dunque, per partire alla ricerca dell’astro perduto. Con loro c’è la bella e fragile Glin, fatta di cera, in pericolo al caldo come al freddo, ma più coraggiosa che mai. Si rimane a bocca aperta di fronte a Mune, man mano che si fa sempre più chiaro che non è la trama a contare in questo caso, e che la vera avventura cui siamo chiamati a partecipare è un’avventura estetica, l’immersione in un poema visivo.

Alle ore 22,45 sarà proiettato “The Tribe” di Myroslav Slaboshpytskkiy: Ucraina. Sergey, giovane sordomuto, arriva in un Istituto dove dovrà restare a lungo. Viene subito sottoposto a violenti rituali di iniziazione da parte dei capi di una banda che detta legge. Le due ragazze più attraenti vengono fatte prostituire di notte andando a cercare clienti tra i camionisti di un parcheggio. Sergey si innamora di una delle due, Anna, e viene ricambiato. Non sa però che uno degli istitutori sta dandosi da fare per mandarla in Italia. Il primo lungometraggio di Myroslav Slaboshpytskiy appartiene alla categoria dei film destinati a rimanere impressi nella memoria dello spettatore sia per quello che raccontano che per lo stile adottato. Il regista afferma: “È un mio vecchio sogno quello di rendere omaggio al cinema muto. Fare un film che possa essere compreso senza che venga detta una parola. Non pensavo però a un certo tipo di cinema europeo ‘esistenzialista’ in cui gli eroi stanno zitti per metà della durata del film. Anche perché gli attori non erano muti nei film muti. Comunicavano molto attivamente attraverso un’ampia gamma di azioni e di linguaggio corporeo”. Da qui nasce l’esigenza di una ‘reale’ impossibilità di comunicare con le parole su cui si innesta la decisione di non proporre sottotitoli neppure per tradurre l’alfabeto muto che viene utilizzato dai protagonisti.

In Sala 4 si prosegue alle ore 18,00 con “Halimin Put” di Arsen A. Ostojic: dopo la fine della guerra in Bosnia, Halima, una contadina di un remoto villaggio musulmano, decide di ritrovare i resti di suo marito e di suo figlio, catturati dalle forze paramilitari serbe e giustiziati. Attraverso l’analisi del DNA, il Comitato delle Nazioni Unite per le persone scomparse riesce a identificare i resti del marito in una delle fosse comuni, ma non quelli del figlio, poiché Halima si rifiuta di dare un campione di sangue per il test. Halima, infatti, nasconde un segreto che risiede nel passato suo e della sua famiglia…

Alle ore 20.30 è la volta di “Hiroshima Mon Amour” di Alain Resnais: una donna francese e un uomo giapponese hanno trascorso la notte insieme. Lei è a Hiroshima per girare un film come attrice. Sono entrambi felicemente sposati e lei deve ripartire il giorno successivo per la Francia. Tra di loro e il momento in cui dovranno lasciarsi si insinua il passato recente della città devastata dalla bomba atomica americana e quello prossimo di lei giovane ragazza di Nevers che si innamora di un tedesco nella Francia occupata. Alain Resnais, al suo esordio nel lungometraggio, realizza un’opera destinata a lasciare un segno imperituro nella storia del cinema.

Alle ore 22,45For no good reason” di Charlie Paul: Johnny Depp fa da nocchiero e da narratore per guidarci nello strano mondo di Ralph Steadman, illustratore dallo stile unico e corrosivo, legato principalmente ai lavori per Paura e delirio a Las Vegas e le opere di Hunter S. Thompson.

In Sala 3 alle ore 18,00 in versione restaurata è la volta di “Splendore nell’erba” di Elia Kazan: nel 1928 due giovani si amano, ma i genitori del ragazzo gli impongono di laurearsi prima di pensare al matrimonio. Lei, abbandonata, ha un tracollo nervoso e viene ricoverata in clinica. Quando ne esce, la crisi del ’29 ha rovinato la famiglia dell’ex fidanzato che nel frattempo ha già sposato un’altra. Lei si consolerà col suo psichiatra.

Alle ore 20.30 “Il figlio di Hamas-The green prince” di N. Schirman: Mosab Hassan Yousef è il figlio di Sheikh Hassan Yousef uno dei capi di Hamas. La sua crescita avviene tra un arresto e l’altro del padre il che gli instilla un odio profondo nei confronti di Israele e il desiderio di poter un giorno vendicarsi. Arrestato a sua volta per detenzione illegale di armi viene affidato a Gonen Ben Yitzhak, un agente dello Shin Bet che ha un compito preciso e apparentemente privo di opportunità: farlo passare dalla parte di Israele per utilizzarlo come agente infiltrato in Hamas.

Infine alle ore 22,45 “Qui e là” di Antonio Méndez Esparza in versione originale sottotitolata: Pedro è un padre di famiglia messicano di ritorno al suo villaggio dopo una lunga permanenza negli Stati Uniti, dove ha lavorato “tanto e sodo” come lavapiatti in un ristorante e come uomo di fatica in un supermercato. La moglie Teresa lo accoglie con gioia ma anche con la diffidenza di chi ha subìto una lunga assenza macerandosi fra i sospetti di un tradimento lontano. Le due figlie, Lorena e Heidi, lo vedono quasi come un estraneo, e la più grande ha trasformato l’assenza paterna in un’apatia che si è estesa al suo rendimento scolastico. La vita “qui”, ovvero in Messico, si svolge ad un livello minimo, e Pedro lavora lentamente a riconquistare l’intimità domestica che senz’altro è mancata a lui per primo. A poco a poco, attraverso conversazioni delicate e lunghe notti nel lettone di famiglia, il nucleo si ricompatta, e si accresce di una nuova bambina. Ma le pressioni di un’economia disastrata che trasforma il paese in un vivaio di manodopera a basso costo per i vicini Stati Uniti (quel “là” che fa da minaccioso contraltare al qui del titolo) tornano a farsi strada e a cercare di scardinare l’unità familiare ritrovata.