«Nel giugno scorso la Lega ha presentato le firme per un referendum abrogativo della legge, ma non credo che al giorno d’oggi  qualcuno possa dichiararsi d’accordo con un’organizzazione di sfruttamento legale delle donne,  e con la tassa di esercizio riscossa dallo Stato. Io sono quindi contrario alla riapertura delle case chiuse”.

Così scrive il professor Umberto Veronesi, direttore scientifico dell’Istituto Europeo di Oncologia di Milano, sul nuovo numero di «Oggi» «Però il problema della prostituzione esiste, è in espansione, a volte minaccia la vita delle donne-schiave comprate nei Paesi poveri e gettate in strada dalla criminalità organizzata, ed è per tutti un problema di salute, a causa delle malattie sessualmente trasmissibili, come l’Aids e la sifilide». Dunque, che fare?

Il celebre oncologo ricorda dalle pagine di «Oggi» che in Svezia, Islanda, Norvegia e recentemente anche in Francia si è scelto di scoraggiare la prostituzione criminalizzando il cliente. Ma Veronesi si chiede se non sia meglio “svincolare la compravendita di sesso dalla categoria dell’etica, e lasciarla semplicemente a quella del costume, che  varia a seconda dell’epoca storica e del tipo di società, e non pretende di stabilire (per tutti!) valori assoluti. Come ha fatto la Germania, che nel 2002 approvò una legge con cui eliminò il  divieto di favoreggiamento della prostituzione e  permise alle prostitute di ottenere un regolare contratto o autorizzazione di lavoro. In Germania le prostitute possono lavorare come dipendenti, ma la gran parte di esse esercita come lavoratore autonomo, e le case di appuntamenti sono imprese registrate, e non necessitano di particolari autorizzazioni. Se offrono cibo e alcolici, ci vuole la licenza. Possono anche farsi pubblicità, non è più illegale. Naturalmente, le circa 400 mila lucciole tedesche pagano le tasse”.