«È stato un set pazzo, brillante, davvero il selvaggio West. Chi ama i film di Quentin si divertirà un mondo». A 21 anni da “Pulp fiction”, Tim Roth è tornato a lavorare con Quentin Tarantino in “The Hateful Eight”, il western che già prima di uscire vanta una storia rocambolesca: poco più di un anno fa, prima dell’inizio delle riprese, la sceneggiatura finì misteriosamente in rete. Il regista pensò di lasciar perdere tutto, poi invece ricominciò a girare con un testo in parte nuovo. In questa confusione Tim Roth c’era e lo racconta a “Io donna”, in edicola sabato 12 settembre e su iodonna.it. «Credo che questa disavventura e la rabbia di Quentin abbiano portato benefici.
Ci siamo fermati per un po’, io ho girato altri film, altri si sono presi una pausa mentre lui era costretto alla riscrittura. La nuova versione è un tesoro: già la prima era pazza, ma il livello di follia in quella definitiva è aumentato a dismisura». Per il cinema “Pulp fiction” ha segnato un prima e un dopo: per Roth cosa ha significato? «Un lavoro che ha portato altro lavoro e mi ha permesso di pagare le spese. Ero così impegnato che forse mi sono perso la parte divertente del successo. Poi, certo, è stato il “mio” film…».