L’area intorno agli occhi è la prima parte del viso a mostrare i segni dell’invecchiamento e i trattamenti per ringiovanire lo sguardo sono, da sempre, fra i più richiesti dai pazienti. Il punto chiave dove si manifestano difetti e perdita di volumi è quello che gli esperti chiamano “eyelid-cheeck junction”, cioè l’area di transizione tra la palpebra inferiore e la guancia. «È qui che sono visibili sia difetti costituzionali che possono essere presenti anche in giovane età come occhiaie e cerchi scuri, sia i primi segni dell’invecchiamento con lassità cutanea e borse. La complessa anatomia di questa zona del volto, con la presenza di legamenti saldamente attaccati all’osso, la rende anche molto difficile da trattare senza ricorrere a metodi invasivi, come la tradizionale blefaroplastica»: a spiegarlo è Francesco Bernardini, chirurgo oculoplastico specializzato nell’estetica dello sguardo, che ha messo a punto un’innovativa tecnica di recente pubblicata sul Journal of Cosmetic Dermatology. Si chiama G-Point Lift e il nome rivela come agisce: sollevando guancia e palpebra mediante l’iniezione, in un punto strategico denominato G-Point, di un filler a base di acido ialuronico adatto a dare supporto e compattezza.

«Non “riempire”, ma “sollevare” – sottolinea Bernardini –. È questo approccio chirurgico nell’uso del filler che fa la differenza. Sfruttiamo le caratteristiche fisiche di un filler ad alto G-Prime, con capacità liftante, per sostenere e supportare la palpebra, ottenendo un effetto lifting, e completiamo il trattamento con un filler dedicato alla palpebra e per questo molto delicato, per lavorare sulle transizioni, dando un “effetto Photoshop”, che leviga e rifinisce». Fondamentali per la riuscita del trattamento sono, naturalmente, l’approfondita conoscenza dell’anatomia del volto, per individuare correttamente il punto dove praticare l’iniezione, e la scelta del filler a base di acido ialuronico più appropriato, a seconda dell’obiettivo da ottenere e delle caratteristiche della pelle e dei tessuti: in particolare, spiega il dottor Bernardini, «come filler ad effetto liftante (alto G-Prime) utilizzo alternativamente Ultradeep o RHA4 (Teoxane), mentre come filler dedicato alla palpebra (a basso G-Prime) prediligo il Redensity II (Teoxane), l’unico che è indicato per il trattamento della parte più delicata, ossia la palpebra inferiore».

Negli ultimi anni il dottor Bernardini ha trattato con successo l’area infra-orbitaria di centinaia di pazienti utilizzando la tecnica G-Point Lift con risultati eccellenti in termini di soddisfazione dei pazienti e assenza di effetti indesiderati. «La tecnica di correzione con i tradizionali filler iniettati a livello della ‘valle lacrimale’ dà risultati limitati, poco duraturi e può essere fonte di complicazioni per via della notevole quantità di filler necessaria a riempire i vuoti – specifica Bernardini –. Al contrario, la tecnica chirurgica della blefaroplastica dà risultati duraturi e significativi, ma con costi alti e tempi di recupero post operatori lunghi». Il G-Point Lift si pone come alternativa a entrambe le soluzioni, offrendo un risultato ‘chirurgico’ con una tecnica non invasiva: il trattamento dura circa 30 minuti, il paziente non sente dolore, il rischio di ecchimosi è minimo e il recupero immediato. I risultati rimangono visibili almeno per un anno: i trattamenti, quindi, possono essere molto più distanziati rispetto a quelli che prevedono l’uso di filler tradizionali. Una seduta di G-Point Lift ha costi variabili a seconda della quantità del prodotto necessario: prezzo a partire da 400euro.