Una raccomandazione per tutti: interventi assistenziali qualificati, efficaci ed appropriati, tutelare chi è affetto da altre patologie.
Prioritario: salvaguardare il sistema sanitario e gli operatori esposti in prima linea

• E’ necessario evitare in tutti i modi l’assalto agli ospedali e soprattutto ai servizi di pronto soccorso che potrebbe renderli i luoghi più pericolosi

• Adottare corridoi preferenziali in cui poter canalizzare l’eventuale afflusso dei casi o supposti tali nei prossimi giorni o mesi.

• Mettere a disposizione ospedali militari delle grandi città (attualmente quasi inutilizzati) in modo tale da trasformarli in breve tempo in centri di diagnosi, isolamento, e smistamento per i casi necessitanti di terapia intensiva

In questi giorni di emergenza sanitaria nazionale e globale, sono troppi gli interrogativi che ognuno di noi ancora si pone quotidianamente. Molti sottolineano infatti che sulla base dei dati epidemiologici attuali non ci sono elementi sufficienti a definire il 2019-nCoV (Coronavirus) un virus più pericoloso dei comuni “virus influenzali”. Altri hanno chiesto di chiarire che cosa differenzi questo coronavirus dai comuni virus influenzali.

La SIPPS – Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale – cerca di chiarire alcuni principi di carattere generale, in attesa che i dati epidemiologici e gli esperti infettivologi possano meglio definire la pericolosità del virus.

“Bisogna ricordare che nei confronti dei virus che circolano da anni/decenni – sottolinea il Dott. Giuseppe Di Mauro, Presidente SIPPS – i sistemi immunocompetenti umani sono in grado di rispondere in modo efficace e adeguato. Nei confronti, invece, di questi virus che hanno fatto il cosiddetto “salto della specie”, da animale a uomo, i nostri sistemi immunocompetenti tendono a reagire in modo pericoloso, sia per eccesso che per difetto”.

“Quello che è avvenuto a partire dagli anni ’90 del secolo scorso – prosegue il Dott. Ernesto Burgio, dell’ECERI – European Cancer and Environment Research Institute di Bruxelles ed esperto SIPPS – è che molti virus animali sono passati dal loro serbatoio animale/naturale all’uomo: gran parte delle malattie acute emergenti sono infatti zoonosi. Finora questi virus non hanno provocato vere e proprie pandemie essenzialmente perché, per nostra fortuna, non hanno acquisito le mutazioni chiave, in particolare (per quanto concerne gli orthomyxovirus influenzali) nel gene codificante per la proteina in grado di agganciarsi ai recettori delle vie aeree superiori umane. Tutto questo – conclude il Dott. Burgio – per ricordare in caso di diffusione di questi virus, che bisogna agire correttamente in primis per limitarne/rallentarne la diffusione, poi per salvaguardare i sistemi sanitari e proteggere la salute degli operatori sanitari, che si trovano inevitabilmente ad essere i soggetti più esposti.

Al momento attuale non possiamo definire con sufficiente certezza il grado di virulenza del 2019-nCoV con i dati in nostro possesso. A queste necessarie premesse dobbiamo aggiungere, però, che il nuovo coronavirus è caratterizzato da due fattori di rischio che ne rendono estremante difficile il confinamento: il lungo periodo di incubazione, e il possibile stato di portatore sano”.

La SIPPS quindi raccomanda di evitare ogni allarmismo ma di attenersi alle direttive istituzionali, senza iniziative personali inutili e dannose.

Come è stato specificato, non si può parlare ancor di pandemia e le misure restrittive devono essere ragionevoli e commisurate, di volta in volta, ai dati epidemiologici in nostro possesso. Operativamente bisogna verificare e superare le difficoltà che molti medici stanno incontrando nel contattare il 112 ed il 1500.

La SIPPS raccomanda, come unica strategia necessaria ed urgente al tempo stesso, la realizzazione di corridoi preferenziali in cui poter canalizzare i casi o supposti tali nei prossimi giorni o mesi che verranno. A tal fine la proposta che la SIPPS rilancia, già fatta quasi 20 anni fa in occasione dell’allarme pandemico per il Corona/SARS è la seguente: bisognerebbe rapidamente attrezzare centri di diagnosi e terapia dedicati, per esempio gli ospedali militari delle grandi città (attualmente quasi inutilizzati) in modo tale da trasformarli in breve tempo in centri di diagnosi, isolamento, e smistamento per i casi necessitanti di terapia intensiva.
E’ importante sottolineare come questa sarebbe la miglior strategia non solo per scongiurare i rischi potenzialmente connessi all’outbreak in corso, ma anche e soprattutto per garantire un intervento rapido ed efficace in caso di qualsiasi allarme analogo dei prossimi anni.

In ogni caso è importante che, allo stato attuale, l’attenzione non sia solo concentrata sull’infezione da COVID-19 perchè in questa stagione il personale sanitario deve far fronte a molte patologie infettive, anche gravi, per cui ogni intervento dovrà essere appropriato ed attentamente organizzato. A tal fine, dovrà essere garantita una puntuale e precisa informazione sull’evolversi della situazione ed ognuno dovrà fare la sua parte: istituzioni, medici e pazienti.