“Non mi applicavo mica per avere un aspetto strano. Ma negli aeroporti ero sempre quello che veniva fermato”. Nei giorni in cui esce la sua biografia (Paura, Einaudi) Dario Argento si confessa su “Io donna”: “Ho sempre provato una felicità assoluta non tanto nel fare paura, ma nel raccontarla. Smilzo, Mauthausen, erano i soprannomi che mi appioppavano i compagni di scuola. Ci sono state anche aggressioni da parte di quelli più grandi e grossi” ricorda il regista.
Che si considera un solitario, anche in amore: «L’euforia totale l’ho provata solo quando si chiudeva una relazione. La libertà riacquistata, il non dover più rendere conto di quello che fai o sei. Ricordo la fine con Daria Nicolodi, la madre di mia figlia Asia. Mi avevano trovato una casa vicina alla scuola di Fiore, la mia primogenita. Non avevano allacciato nemmeno l’elettricità. Tutta la sera abbiamo guardato un televisorino a batteria, da soli. E in quel momento l’ho pensato: è il giorno più bello della mia vita». Argento racconta anche i peggiori.
Di quando arrivò a pensare al suicidio. Si è separato, non vede la piccola Asia da un pezzo, la lavorazione di Suspiria l’ha stremato. «Mi ritrovavo a pensare: a che serve quello che faccio? Ero attratto da un sonno lungo, senza cattivi pensieri, dal quale non ci si sveglia. E una notte, mi ritrovo a un passo dalla porta finestra, il vuoto mi chiama irresistibilmente. Ma l’armadio mi sbarra la strada». Argento dice che l’ha salvato questo…