La sera del 23 settembre 1985 Giancarlo Siani viene ucciso con dieci colpi di pistola. Aveva compiuto da pochi giorni 26 anni. Faceva il giornalista, o meglio era praticante, abusivo, come amava definirsi. Lavorava per Il Mattino, prima da Torre Annunziata e poi da Napoli. Era un ragazzo allegro che amava la vita, il suo lavoro e cercava di farlo bene. Aveva il difetto di informarsi, di verificare le notizie, di indagare sui fatti. È stato l’unico giornalista ucciso dalla camorra.Fortapàsc, pellicola diretta da Marco Risi, ripercorre gli ultimi quattro mesi di vita di Giancarlo Siani. La sua ultima estate quando, dal Vomero, dove abitava, tutti i giorni scendeva all’inferno di Torre Annunziata, regno del boss Valentino Gionta. Tutto, in quel periodo, ruotava intorno agli interessi per la ricostruzione del dopo terremoto. Un’esperienza che lo rende fulcro dei primi e temerari movimenti del fronte anticamorra. Promotore di iniziative, firmatario di manifesti di impegno civile e democratico, Siani diventa scomodo per chi naviga nelle acque torbide del crimine organizzato, d’incoraggiamento per chi ha una coscienza civile ma non il coraggio di urlare. Lui, invece, con i suoi articoli urla: denuncia infatti che la camorra si è infiltrata nella vita politica, della quale regola ritmi decisionali ed elezioni. Fortapàsc è un film coraggioso che emoziona e smuove gli animi intorpiditi. Impeccabile l’interpretazione di Libero Di Rienzo (Santa Maradona, A/R Andata+Ritorno) che è riuscito nell’arduo compito di restituire a Giancarlo Siani “l’anima, l’impegno, la determinazione, la ricerca di verità, i momenti in cui si divideva tra la redazione e gli incontri con gli studenti per diffondere informazione e civiltà, con la volontà di spingerli a riappropriarsi degli spazi di cittadinanza senza subire la malavita”. Nel cast compaiono: Valentina Lodovini, Michele Riondino, Ernesto Mahieux, Salvatore Cantalupo, Ennio Fantastichini, Gianfelice Imparato, Daniele Pecci.   Intervista a Marco RisiChe cosa significa Fortapàsc?
Fortapàsc è un termine volutamente storpiato che evoca il Fort Apache della tradizione western rendendo il senso dell’assedio alla città da parte della malavita. Nello stesso tempo descrive la drammatica situazione partenopea nei giorni dall’assassinio di Giancarlo Siani. Ci sono voluti 12 anni e alcuni pentiti per assicurare finalmente alla giustizia i responsabili del delitto attualmente
ancora in carcere.Che cosa le stava a cuore raccontare?
Giancarlo era un ragazzo allegro che amava il suo lavoro e cercava di farlo bene. Mi piaceva descrivere gli aspetti di quella sua vita privata così piena di passione ma anche di legerezza, ricca di amici, interessi, avventure, donne, fidanzate, ma soprattutto il suo impegno per il lavoro. Giancarlo Siani si è trasformato in un simbolo per i veri giornalisti che amano il proprio mestiere tanto che a Napoli edintorni sono state intitolate a suo nome numerose scuole.C’è stato qualche momento della lavorazione che per lei è stato particolarmente decisivo?
La cosa più emozionante è accaduta una settimana prima dell’inizio riprese quando è stata ritrovata in un agriturismo siciliano la vera Citroën Mehari di Giancarlo. Così abbiamo potuto utilizzare in scena la sua macchina guidata dal nostro protagonista Libero De Rienzo. Un giorno mentre eravamo in una strada del Vomero è passato per caso vicino al nostro set un amico di Giancarlo che ha riconosciuto la macchina e, commuovendosi fino alle lacrime, ci ha detto: “Mi raccomando fatelo bene questo film perché Giancarlo aveva un cuore grande così”.Come ha scelto i suoi attori?
Dopo molti provini e vari tentativi con diversi attori, è stato Libero De Rienzo ad ottenere il ruolo
di Siani. Non è stata una scelta scontata, mi ha convinto la sua partecipazione emotiva e le cose che mi ha detto dopo aver letto il copione, che rivelavano quanto avesse capito il personaggio nella sua profondità e complessità. Quando poi l’ho visto per la prima volta truccato e vestito con gli abiti di scena, ho ritrovato in lui Giancarlo: ne aveva catturato l’anima.Crede sia necessario in Italia il cinema civile?
Sono da sempre un grande ammiratore del nostro glorioso cinema di impegno sociale. In Fortapàsc c’è anche un piccolo omaggio a Francesco Rosi ed al suo capolavoro “Le mani sulla città”: in una seduta di un consiglio comunale vediamo infatti gli esponenti di maggioranza e di opposizione “scannarsi” sotto gli occhi dei cittadini.