È legge il nuovo processo penale. Il Senato approva con 177 sì e 24 contrari il testo già licenziato dalla Camera: l’obiettivo è ridurre di un quarto la durata media delle cause in cinque anni. Con le novità in tema di improcedibilità, il giudizio cade se la sentenza non è pronunciata in tempi standard.
Il via libera soddisfa una delle condizioni poste dall’Unione europea per erogare i fondi del Recovery plan. Si tratta in gran parte di una legge delega: il Governo dovrà darle seguito entro un anno con i provvedimenti attuativi.
L’improcedibilità prevista dall’articolo 2 riguarda soltanto i reati commessi dopo il primo gennaio 2020: è introdotta per bilanciare lo stop alla prescrizione dopo la sentenza di primo grado voluta dalla riforma Bonafede. Entrerà in vigore gradualmente per consentire agli uffici giudiziari di organizzarsi: soltanto dal 2024 in appello i processi potranno durare al massimo tre anni (con le proroghe) e in Cassazione un anno e mezzo. Per i primi tre anni di applicazione della legge i termini saranno più ampi: fino a quattro anni in secondo grado e due dinanzi alla Suprema corte.
Esclusi dall’improcedibilità i reati sanzionati con l’ergastolo, termini più lunghi per delitti di mafia e terrorismo.Il pubblico ministero chiede il rinvio a giudizio soltanto quando gli elementi acquisiti consentono «ragionevole previsione di condanna». Termini di durata massima delle indagini rimodulati in base alla gravità del reato. E in caso di stasi del fascicolo interviene il gip, che induce il pm ad assumere le sue decisioni. Alla scadenza del termine è confermato il meccanismo di discovery degli atti previsto dal ddl Bonafede. Il tutto per garantire all’indagato di non restare sotto inchiesta troppo a lungo. E la mera iscrizione del nome nel registro delle notizie di reato non può produrre effetti dannosi sul piano civile e amministrativo.
Inoltre sono previste misure alternative al carcere al posto delle pene detentive entro i quattro anni: semilibertà, detenzione domiciliare, lavori di pubblica utilità e pene pecuniarie potranno essere disposte direttamente dal giudice del processo senza l’intervento del magistrato di sorveglianza. Estesa la non punibilità per particolare tenuità del fatto, esclusi i reati di violenza contro le donne previsti dalla convenzione di Istanbul.