“Un amico che è dovuto proprio partire, altrimenti la mattina del 18 ottobre 2006, a Flumini di Quartu nella chiesetta di Sant’Andrea, avrebbe sicuramente voluto cantare”. Questa appena riportata è la chiosa di ‘un amico’ di Andrea Parodi, Luigi Martinelli, chiosa a dei versi ricchi di passione per una persona cara – che a detta sua sarebbe stata cara a chiunque avesse avuto dal tempo la concessione di conoscerlo – persona cara fisicamente perduta. Il 18 ottobre 2006 Andrea Parodi muore ai piedi di una malattia che non ha voluto lasciarlo in pace. E che però, in un certo senso, lo ha graziato. È strano e commovente: in una intervista rilasciata qualche mese prima della morte Andrea diceva che la notizia del tumore allo stomaco era stata una mazzata perché pensava che sotto i ferri gli avrebbero tagliato il diaframma e non avrebbe più potuto cantare, ma era stato giudicato non operabile; la chemio gli aveva perciò tolto quei lunghissimi capelli, quella barba che regalava una figura da asceta, ma non la voce, e lui di questo era straordinariamente felice: “Dev’essere che qualcuno mi ha ascoltato”. Due settimane prima della morte la sua voce è tornata a liberarsi nell’aria della gente di Cagliari, per l’ultima volta. È probabile che fra chi legge molti si chiedano chi fosse questo Andrea Parodi, ed è ancor più probabile che altrettanti lo abbiano riconosciuto nella foto qui accanto ed abbiano attivato immediatamente un collegamento mentale con un gruppo sardo resosi noto per un ‘Sanremo’ di diversi anni fa, i ‘Tazenda’ (allora insieme ad un altro illustre scomparso: Pierangelo Bertoli). Andrea ha collaborato per diverso tempo con i ‘Tazenda’, ma da 9 anni era uscito dal gruppo, perché, diceva, non era più soddisfatto: troppi “inquinamenti esterni”, una eccessiva asfissia costretta dalla chiusura in unico genere che stava diventando sempre più pop (con l’accezione peggiore di questo termine, accezione da ‘Top of the Pop’). Andrea era un pescatore (eccellente, a detta di amici), amava il mare, la sua terra, la sua gente (“era un bel po’ comunista” ricorda Martinelli) e cantava per loro, nella lingua della sua terra, e cantava in tutto il mondo. Il suo curriculum vanta delle collaborazioni eccezionali: lo si è potuto vedere in giro con artisti come Noa, Mauro Pagani, ma soprattutto con Al Di Meola – lo volle con sé dopo aver visto un suo concerto che lo portò a dire: “Hai la voce più incredibile che abbia mai sentito” – e con Fabrizio De André, con il quale (e ci si chieda se è un caso) condivideva l’amore doppio per Sardegna e Liguria, nonché la provenienza (il padre di Andrea Parodi era savonese). Andrea Parodi è rimasto quello che era fino alla fine: la voce gli si è aggrappata all’anima, ed è bello immaginare che dovunque sia andato (lui, dall’inclinazione così fortemente spirituale) se l’è portata con sé. “Un amico che ha perso il combattimento in modo epico: con la spada in mano”, ha scritto Martinelli.