Un uomo solo, alla morte del padre. Un assurdo testamento: al figlio prediletto non spetta nulla, niente soldi, niente casa, ma solo poche enigmatiche parole: “A mio figlio Ferdinando ci lascio tutto. Tutto quello che non ho fatto”. Così  inizia lo spettacolo-monologo che Loredana Scaramella e Carlo Ragone portano in scena al Teatro Greco di Roma (dal 24 al 27 gennaio) per il secondo anno consecutivo.
 Nei panni di Ferdinando, protagonista di questa affascinante parabola sul destino incompiuto dell’uomo, Carlo Ragone eredita un universo di sogni, desideri, aspirazioni che il padre defunto non ha mai realizzato, e trasforma il lutto e il rimpianto in una rinnovata passione per la vita.
Intraprende così un viaggio a ritroso nel tempo e nella memoria: siamo nella Napoli degli anni ’40, tra bombardamenti, fame ed emigrazione, e Ferdinando impara a conoscere il padre attraverso i piaceri, le canzoni, i sogni, gli oggetti che hanno costellato la sua vita: un biglietto per uno spettacolo al quale non è mai andato, una prenotazione per un treno diretto verso  una città  mai visitata, una lettera in una busta di posta aerea proveniente da New York, dove ricorrono i nomi di parenti emigrati nel dopoguerra e mai incontrati, un passaporto vergine…
 Intestamè è un mosaico di note e di parole  accostate per associazioni libere, fra contrasti, attinenze e fantasie, che offrono a Carlo Ragone l’occasione per raccontare con  il suo particolare alfabeto di gesti e di suoni – accompagnati dalla musica dal vivo del Trio William Kemp –  un personaggio che, senza maschera, si presenta  al pubblico con l’ingenuità e la follia di un moderno Pulcinella.