Il film di Enrico Iannaccone, La Buona Uscita è la storia grottesca e “feroce” della giovane borghesia napoletana, ricca e strafottente, cinica e asociale. Un mondo solitario e narciso che consuma cibo e piaceri senza alcuna relazione umana reale con il resto delle persone. Anzi usa le persone. L’unica che sembra accorgersi dell’aridità che la circonda è Lucrezia Sembiante, una professoressa di 50 anni, che sebbene terrorizzata dalla vecchiaia e dalla solitudine decide di reprimere le sue pulsioni sessuali e, dopo l’ultimo incontro con lo storico “amico di letto” Marco Macaluso, un felice e spregiudicato imprenditore, cerca di ribellarsi. Questa scelta la costringerà ad affrontare con maggior violenza la natura delle sue paure e delle sue scelte.
Tramite la vicenda sentimentale che vede coinvolti i due protagonisti Marco e Lucrezia, assistiamo a un percorso di fortificazione emotiva, che nasce dal dissidio interiore di quest’ultimo personaggio. Analizzandolo singolarmente, Marco Macaluso ci appare come un ricco imprenditore dotato di una (forse) congenita disillusione nei riguardi del mondo e degli affetti, che fa di lui un uomo tanto solo quanto
equilibrato e gaudente. Da miliardario e spregiudicato, egli sente di poter ottenere l’altrui presenza in qualsiasi momento tramite semplici e (probabilmente) legittimi esborsi. Lo vediamo infatti “riacquistare” la stima di suo fratello, dapprima sottrattagli per teatrali motivazioni moralistiche, con un imponente regalo quale una macchina di lusso; o, ancora, lo osserviamo concupire splendide donne, per poi allontanarle con lo stesso identico sorriso stampato in volto.
Il suo atteggiamento verso il prossimo non sembra poi così dissimile da quello della professoressa Lucrezia
Sembiante, donna dalla magmatica attività ormonale e dal conseguente numero olimpionico di partner. La sua posizione affettiva nei riguardi del mondo le ha permesso di non necessitare mai di alcuna relazione statica e di godere di un magnifico e libero rapporto con Marco, basato sull’eterno gioco della spensieratezza. Tuttavia, al cospetto di un’età significativa come quella rappresentata dai sessant’anni, la professoressa Sembiante si trova, senza alcun preavviso, a combattere con un nuovo timore: quello della solitudine. Per questo motivo, decide di sposare un ragazzo che non ama e che probabilmente, a sua volta, si accontenta della compagnia di una donna ben più grande di lui per il terrore di restar solo.
Ciò nonostante, quando Lucrezia sarà costretta ad assistere all’ennesima vittoria di Marco, riuscito a sfuggire alla finanza dopo la bancarotta fraudolenta con la quale ha chiuso la sua blasonata ditta di pelletteria, il suo atteggiamento nei riguardi della vicenda si fa tatticamente morale. La donna, infatti, terrorizzata dalla scelta sentimentale che ha fatto e dopo aver riconosciuto l’errore commesso nel non seguire Marco a Trinidad e Tobago, decide di denunciare il suo “amore” per il puro gusto di trascinarlo con sé in una vita di dolore. Tuttavia, nel momento in cui Lucrezia si renderà conto di essere impossibilitata a fronteggiare una forza economica e spirituale come quella di Marco, l’unica via possibile di salvezza non potrà che risultare essere la più semplice: tornare a essere ciò che è sempre stata e andare incontro alla vecchiaia, ritrovando serenamente l’atavica consapevolezza dell’insensatezza dei rapporti umani.