La pandemia, correlata alla comparsa del Covid_19, ha comportato mutamenti radicali nelle vite di ognuno di noi su diversi piani: sanitario, economico, sociale, ma anche su come organizzare il tempo libero e le vacanze. Nelle regioni alpine, per esempio, è cambiato il modo di concepire il “turismo di montagna”.

Per la prima volta le tre principali Società Scientifiche si sono ritrovate per esaminare in modo multidisciplinare impatto, contromisure, problematiche ed opportunità di fronte alla ripartenza del mondo della montagna. Si sono ritrovati esperti in vari campi professionali e sono state condivise criticità, esperienze e proposte ampliando gli orizzonti con punti di vista diversi ma convergenti. A parte le problematiche di carattere sanitario, l’accento è stato posto principalmente sulle opportunità, fra cui gli spazi aperti, di cui la montagna è ricca. Sci alpinismo, ciaspolate, ma anche semplici passeggiate. Ci si è riappropriati della montagna in una sua veste più naturale.

La frequentazione della montagna, però, va fatta con le strumentazioni sufficienti per farlo in sicurezza. La vastità di attività che si possono realizzare (camminate, ferrate, arrampicate, ma anche downhill e canyoning) necessitano di preparazione ed attrezzature ed i professionisti della montagna si sono organizzati per cercare di prevenire gli incidenti. Ultimamente in Trentino il Soccorso Alpino prevede l’impiego di sanitari dedicati ai bike park che permettono un triage (in caso di infortunio) più accurato rispetto al personale “laico”. In questo senso il CNSAS (Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico) è un’importantissima presenza preventiva.

La montagna-terapia, poi, va vista come un riappropriarsi della consapevolezza del proprio corpo anche attraverso le mete, gli step e la fatica. Si prenda l’arrampicata: un mettersi in gioco senza la possibilità di barare. Ciò significa imparare a fidarsi del compagno che assicura la persona con la corda. Si impara a prefissare una meta vicina (il prossimo appiglio) per arrivare al traguardo finale (il punto più alto che si deve raggiungere). È uno sperimentare i propri limiti, sapendo che non sempre si riesce ad arrivare in cima. Con l’allenamento e la costanza, però, i limiti si possono superare. Si impara molto di più guardando il proprio insegnante e i propri compagni, piuttosto che una lezione frontale tradizionale. La diminuzione, poi, delle sostanze allergizzanti sopra i 1500-2000 metri d’altitudine è stata segnalata come particolarmente valida per la cura dei bambini asmatici.

Per chi effettua escursioni in montagna sono raccomandate la vaccinazione difterite, tetano, pertosse e la “TBE” contro l’encefalite da zecche. Il tetano, nel mondo, è un problema di sanità pubblica con tassi di incidenza più elevati nei paesi poveri, mentre rimane basso in Europa (0,02 casi/100.000 abitanti).

Ampie fasce di popolazione adulta, inoltre, sono suscettibili alla difterite quando si recano verso aree endemiche o verso zone in cui si sono registrati episodi epidemici, in quanto non posseggono livelli di antitossina difterica certamente protettivi. Ecco il motivo per il quale a tutti è raccomandato un richiamo DTP ogni 10 anni.

“Difendersi dai raggi ultravioletti in montagna” è una raccomandazione banale, ma indispensabile per godere a pieno del sole e minimizzare i danni. Il colore della pelle è il risultato di un adattamento ambientale dovuto alle necessità di difendersi dai raggi ultravioletti, che non si riescono a vedere. L’intensità dei raggi, in quota, aumenta del 10-12% ogni 1000 metri di dislivello a causa dell’assottigliarsi dell’atmosfera e, in inverno, questi sono ancora più pericolosi poiché il ghiaccio e la neve li riflettono fino all’80%.

I danni immediati di una scorretta esposizione al sole sono l’ustione, l’herpes e l’oftalmia nivalis (cecità momentanea), ma “solo dopo molti anni – avverte la dermatologa Antonella Bergamo della Società di Medicina di Montagnasi evidenziano i danni cronici: il fotoinvecchiamento, con la comparsa di lesioni pretumorali e tumorali. Le creme protettive, che assorbono o deviano i raggi, hanno svariati gradi di fattore di protezione, ma non esiste alcun prodotto che garantisca una protezione totale. La crema va messa mezz’ora prima dell’esposizione al sole, ripetuta ogni 3 ore e, se si suda, va riapplicata. L’abbigliamento adeguato può dare una schermatura totale, ma il tessuto dev’essere a trama fitta. Il cappello deve coprire anche orecchie e collo, mentre gli occhiali sono da preferire con blocco UV 4-5”.