Aveva scelto Amsterdam perché sembrava abbastanza lontana da tutto, ma non troppo da sé. Non si aspettava che la casa — una sottile palazzina inclinata affacciata sull’acqua — le avrebbe fatto dubitare della sua stessa memoria.
Chiara, 35 anni, grafica editoriale freelance, era appena uscita da una relazione di nove anni e da un monolocale che sapeva troppo di caffè bruciato. Aveva deciso di fare scambio casa con un certo David, olandese, architetto, amante delle sedie in rattan e delle istruzioni lasciate scritte a mano.
La casa era stretta e alta, tipica di Amsterdam. Tre piani, scale ripide come domande personali. Il pavimento in legno cigolava con una certa eleganza. La cucina era minimale ma accogliente, con una moka italiana — punto per David. Il salotto aveva una grande finestra affacciata sul canale. Chiara si sedeva lì ogni mattina con un cuscino troppo morbido e un taccuino vuoto sulle ginocchia. La città era umida e viva: i campanelli delle biciclette suonavano come interpunzioni, i cortili interni sussurravano.
Il secondo giorno, Chiara trovò nella libreria una cartolina infilata tra due romanzi: “Non so se tornerò. Ma se arrivi prima tu, annaffia la pianta.” Nessuna firma. In cucina c’era una pianta — morta, apparentemente. Eppure, ogni mattina sembrava un po’ meno secca. Chiara iniziò a lasciare bigliettini a sua volta, nei libri, sotto i cuscini. Uno diceva: “Credi che si possa abitare davvero una casa che non è tua?” Rispose da sola: “Sì. Se ti assomiglia.” Ma chi rispondeva davvero? Una notte si svegliò e trovò un foglietto fuori posto sul tavolo: “Ho letto quello che hai scritto. Non sono sicuro di voler tornare.” Non sapeva se fosse stato David o la casa.
Andò al mercato di Noord. Dimenticò il burro e comprò una zuppa in barattolo solo per il colore. Parlò con la vicina, un’anziana artista che dipingeva solo tulipani storti. Passeggiò lungo il canale ascoltando podcast italiani, come per tenere una parte di casa con sé. Scrisse tre lettere che non spedì mai. Ne lasciò una dentro un libro sul comodino.
Quando tornò a Milano, il suo appartamento le sembrò insopportabilmente dritto. Nessun mistero nella libreria. Nessuna finestra sul canale. Ma la moka le sembrò più pesante. Piena di qualcosa di nuovo. Riattivò il suo profilo sulla piattaforma di scambio casa e scrisse: “Cercasi casa che voglia conoscermi. Anche un po’.”
