Lo sapevate che J.K.Rowling, la madre di Harry Potter , scrive i suoi libri a mano? Lo stesso facevano Truman Capote e  Simon De Beauvoir. Ernest Heminway, poi, sosteneva che scrivere a matita forniva tre occasioni per dare al lettore il meglio: rilettura, riscrittura e revisione finale. Senza paragonarci ai mostri sacri della letteratura, sta di fatto che la scrittura è tornata di grande attualità. Il motivo è che scrivere a mano, attività complessa che comporta implicazioni linguistiche, psicologiche, cognitive, è fonte inesuribile di piacere e benessere.

Per scoprire che gli spazi della narrazione, dell’immaginazione e della poesia, “illuminano” ciò che noi chiamiamo spazio reale, l’ambiente spesso monotono della nostra quotidianità. Non appena si cominicia a scrivere si effettua una selezione, si inventa, si riordina. Ciò che emerge alla fine di questo processo è sempre una sorta di miscellanea di ciò che esiste con quello che è stato creato.

Scrivere significa avventurarsi alla scoperta del proprio io. Ogni essere umano ha un patrimonio di esperienza, immaginazione ed espressione che spesso non viene sfruttato. E se il vuoto è la vostra bestia nera, chiudetegli la bocca con un torrente di parole. E con un piccolo spunto che vi proponiamo:

Andate a fare una passeggiata. Curiosate in giro. Spiate dalle crepe dei muri. Annotate ciò che vedete. Una volta a casa leggete ciò che avete scritto e fatene un brano più lungo utilizzando le vostre personali associazioni.

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