Al Cinema Massimo domani, venerdì 3 luglio serata ufficiale di omaggio al cinema austriaco con l’intervento dell’Ambasciatore austriaco in Italia Cristian Berlakovits e della Direttrice del Forum Austriaco a Roma Astrid Harz. Nel pomeriggio alle ore 18,00 gli ospiti visiteranno, al Mediamuseum, la Mostra fotografica dedicata al film “Il terzo uomo” mentre alle ore 20,45 assisteranno nella Sala 1 del Massimo alla proiezione de “Il falsario” dell’austriaco Stefan Ruzowitski che riceverà il Premio Flaiano 2009 per la regia domenica 12 luglio. Alle ore 18,45 per il concorso italiano “Io non ci casco” di Pasquale Falcone con Maurizio Casagrande, Maria Grazia Cucinotta e Ornella Muti. Un ragazzo di 17 anni cade in coma in seguito ad un incidente col motorino. Questa tragedia darà modo ai genitori separati di riavvicinarsi e agli amici di esprimersi come sono realmente con le loro paure, la ansie, le speranze e i loro desideri. Il letto d’ospedale diventa una sorta di confessionale e la stanza un ritrovo degli amici del protagonista. Alla proiezione interverrà il regista.Alle ore 22,30 Vincent Cassel veste ancora i panni di Jacques Mesrine in “Nemico pubblico n.1 – L’ora della fuga”: ispirato al romanzo autobiografico di Jacques Mesrine “L’istinto di morte”. Dopo la vertiginosa ascesa nel crimine e nella violenza, Mesrine torna a Parigi e diventato ormai leggenda, intraprende una guerra mediatica e reale con la polizia. Evade due volte di prigione, gioca al gatto e il topo con il commissario Broussard, brindando con lo champagne durante uno storico arresto.In Sala 2 alle ore 18,45 si parte con “L’anno in cui i miei genitori andarono in vacanza” di Cao Hamburger per la rassegna “Gli anni in tasca” dedicata ai temi dell’adolescenza. Nel 1970 il Brasile e il mondo intero sembrano essere sconvolti, ma la maggiore preoccupazione nella mente del dodicenne Mauro, un ragazzino medio borghese di padre ebreo e madre cattolica, non ha niente a che vedere con la proliferazione delle dittature militari in Sud America o con la guerra in Vietnam. Il suo sogno più grande è vedere il Brasile diventare per la terza volta vincitore della Coppa del Mondo.Alle ore 20,45 sarà proiettato l’ultimo film di Andrzej Wajda, “Katyn”. I tedeschi, durante la loro invasione dell’URSS nella primavera del 1943, scoprirono e resero noto che a Katyn erano sepolte le vittime del campo di Kozelsk. Solo alcuni decenni più tardi furono scoperti a Kharkov e a Mednoe i luoghi dove erano state uccise e sepolte le vittime dei campi di Staroblesk e O stashkov. Al di là del destino degli ufficiali viene data grande rilevanza all’attesa e al destino di chi in quegli anni difficili attese vanamente a casa il ritorno dei propri cari e alle conseguenze del loro atteggiamento nei confronti della versione sovietica dei fatti. Risulta a tratti troppo dura la colpevolizzazione di chi preferì accettare la versione ufficiale per continuare a vivere. Questa condanna è tra l’altro tuttaltro che innocua per la Polonia di oggi. Bisogna ricordare infatti che negli ultimi anni è stato avviato dai Kaczynski un processo di epurazione nei confronti di chi durante gli anni del comunismo poteva considerarsi anche vagamente colluso con il potere allora vigente (in Italia si è occupato con grande sottigliezza di tale questione Paolo Morawski). Non è un caso che l’allora Presidente Kaczynski abbia auspicato proiezioni scolastiche obbligatorie di questa pellicola. Katyn è comunque un lavoro impeccabile sia dal punto di vista della regia che dell’interpretazione.Alle ore 22,45 cinema australiano con “Lantana” di Ray Lawrence con Geoffrey Rush: a Sydney la misteriosa scomparsa di una psicologa s’intreccia con le tormentate vicende di altre persone, a lei direttamente o indirettamente legate. In Sala 3 alle ore 18,45 omaggio a Pupi Avati con “Regalo di Natale”: la notte della vigilia di Natale quattro amici e un avvocato si incontrano per giocare a poker. Le somme in gioco aumentano vertiginosamente e ogni mossa inizia a diventare un rischio enorme da soppesare con cura.Alle ore 20,45 il western di e con Ed Harris, “Appaloosa” con Viggo Mortensen e Renèe Zellweger. Virgil Cole e Everett Hitch cavalcano insieme nelle terre selvagge, riportando l’ordine nelle città vessate dai fuorilegge. Cole è un self made man scontroso e riservato, Hitch, soldato congedato addestrato a West Point, è il vice di poche parole e lunghi sguardi. La loro meta è Appaloosa, una piccola cittadina nel New Mexico disarmata dal temibile Randall Bragg, ranchero col vizio del Winchester e dello scontro a fuoco. Dopo l’assassinio dello sceriffo di Appaloosa, Cole e Hitch vengono ingaggiati per difendere la città e assicurare il colpevole Bragg alla giustizia ma l’arrivo in stazione della smaliziata signorina French, appassionata frequentatrice di maschi dominanti, abbindolerà eroi e villain, alterando gli equilibri dietro la tastiera di un pianoforte e dentro le lenzuola. Il western di Ed Harris dimostra chiaramente che c’è ancora spazio per chi voglia rileggere un genere che fa i conti con i miti ricevuti dalla tradizione e riaggiornati attraverso la mediazione dell’industria dello spettacolo. Sopravvissuto in qualche maniera negli ultimi vent’anni e splendidamente rilanciato (in America) dal serial Deadwood, il genere western ha smesso di essere demodè e cavalca di nuovo verso l’Eden originario per conquistare la Frontiera e piegare il futuro alla propria volontà. Ispirato dal romanzo omonimo di Robert B. Parker, Appaloosa è l’avventura di due eroi che proteggono la comunità dai fuorilegge e dalle pulsioni disgregatrici che sorgono al suo interno.Alle ore 22,45 sarà proiettato “Sbirri” di Roberto Burchielli con Raoul Bova. Matteo Gatti è un giornalista televisivo che non ha mai avuto problemi nell’esporsi in prima linea quando lo ha ritenuto necessario per realizzare reportage che mettessero i fatti in primo piano. Una tragedia familiare lo ha colpito: il figlio adolescente in gita a Milano ha assunto una pastiglia di ecstasi ed è morto. Matteo riesce a convincere il suo direttore per la realizzazione di un’inchiesta sul mondo dello spaccio di stupefacenti. Il punto di vista sarà quello degli agenti della Squadra Speciale della Polizia operante a Milano. Matteo fingerà di essere uno di loro e, con l’ausilio di un cameraman, riprenderà e documenterà ciò che accade veramente. Nel frattempo sua moglie a Roma vive con angoscia l’attesa di un nuovo figlio. Il film di Burchielli merita di essere segnalato per il coraggio di una sperimentazione che va oltre il documentario inserendo un attore e una troupe nella quotidianità del difficile lavoro di chi, nella polizia, cerca di contrastare la diffusione degli stupefacenti avendo un’attenzione particolare per i rischi che corre la popolazione più giovane. La realtà viene presentata così come si svolge dinanzi all’occhio delle telecamere nascoste (con i volti dei fermati debitamente oscurati). C’è poi un attore che è sempre stato generosamente pronto a sperimentare e che troppo spesso la critica ha incasellato nel facile schema ‘bello ma non bravo’. Bova invece dimostra di essere assolutamente all’altezza di un’improvvisazione richiesta dall’evolvere di eventi imprevedibili offrendo un’interpretazione che è al contempo frutto di preparazione e di capacità di rispondere agli eventi.