Disastro a Hollywood” è un tentativo di piazzare gli studios più famosi del mondo fuori dalla luce dorata dei riflettori, spiegandone le brutture, le stonature, i paradossi. La storia è intricata e caotica come la vita patinata da cui prende spunto: Ben (Robert De Niro, tornato a un ruolo di qualità dopo svariati cedimenti al cinema iper commerciale) è un produttore della vecchia guardia, uno di quelli che fa del proprio lavoro una missione. Purtroppo la sua vita è un inferno. Sul lavoro, dove è alle prese con due star capricciose (Sean Penn e Bruce Willis, nei panni di se stessi), una executive producer a dir poco tirannica (Catherine Keener) e un nuovo sceneggiatore (Stanley Tucci) che è anche il suo nuovo rivale in amore; e in famiglia, dove un divorzio strascicato con annessa figlia adolescente e rancorosa lo sta logorando. Dura la vita nel backstage delle pellicole milionarie made in Usa. Questo è, in sintesi, il messaggio di What Just Happened, titolo originale del film e del libro da cui è tratto: l’autobiografia di Art Linson, produttore di fama e successo (suoi sono Gli Intoccabili e il recente Into the wild) che in 30 anni di Hollywood ha sviluppato un occhio ipermetrope per i vizi e i difettacci della collina più famosa del mondo. Il film segna una momentanea rinascita per i suoi due protagonisti: il regista Barry Levinson e il primo attore Bob De Niro. Levinson, padre acclamato di Rain Man, è reduce da anni di flop come Bandits, Sesso e potere. L’ex Taxi Driver è sotto accusa per i troppi ammiccamenti alla commedia facile (Ti presento i miei, Mi presenti i tuoi?) e agli action movie di serie B (il recente Sfida senza regole, in cui duetta con il compare Al Pacino, è l’ennesima e poco astuta variazione sul tema della polizia corrotta). Disastro a Hollywood riporta i due naufraghi sulla chiatta del cinema sagace e provocatorio.