Ingmar Bergman è morto. A 89 anni si è spento sull’isola di Farö, il cineasta che per primo riuscì a portare sul grande schermo l’angoscia, la morte, i valori religiosi ed i fallimenti esistenziali. Appresa la triste notizia in molti hanno reso omaggio al regista. Primo fra tutti il premier svedese Fredrik Reinfeldt al quale si sono uniti esponenti della politica italiana come Veltroni, Bertinoti e Rutelli che ha definito Bergman “icona del cinema impegnato, legato all’introspezione psicologica che esplora la natura dell’uomo, i suoi limiti, le sue follie altalenanti tra amore e indifferenza”. Non poteva mancare il triste ricordo di Woody Allen, che nel 1978 realizzò Interiors omaggio al grande cineasta, e di Bernardo Bertolucci che ha definito il cinema di Bergman “sempre più dentro donne e uomini, con un bianco e nero che rendeva fantasmi i suoi personaggi e personaggi i suoi fantasmi”. Nato a Uppsala (Svezia) il 14 luglio 1918, era figlio di un pastore della corte reale svedese. La sua prima passione fu il teatro, numerosi i drammi messi in scena a Goteborg e a Stoccolma. Prima di avvicinarsi alla macchina da presa era stato sceneggiatore di Sjoberg e Molander. Nei primi dieci anni di attività (da Crisi a Sorrisi di una notte d’estate) realizza film dai toni maliconici. Il primo capolavoro è Il settimo sigillo (1956) in cui la vicenda del cavaliere Antonius (Max von Sydow) si ispira ad un simbolismo cosmico e spirituale che si fonde nella celebre partita a scacchi tra il cavaliere e la Morte. A questo segue Il posto delle fragole (1958) il suo film più premiato. Riceve un Oscar nel 1959 con La fontana della vergine, ispirato ad un antica tradizione scandinava, e nel 1961 con Come in uno specchio. Tra sperimentalismo e realismo realizza Scene da un matrimonio (1973), condensato di una serie di sei puntate per la televisione scandinava, in cui lo sfaldamento e la ricomposizione di un rapporto coniugale ingloba temi cari al regista come la libertà individuale e il rapporto con la collettività.Nel 1963 girando Il silenzio scopre il fascino dell’isola di Farö, uno scoglio battuto da venti freddissimi. Considerandola un posto ideale dove vivere, e preso dall’amore per Liv Ullmann, decide di costruirvi una casa dove ha vissuto nella più  completa solitudine gli ultimi dieci anni della sua vita. “Mi sveglio alle sei – disse raccontando la sua giornata – faccio colazione, poi ascolto musica, tranquillamente, da solo. Non parlo con nessuno. E del resto sull’isola non c’ è nessuno con cui parlare. Poi scrivo fino a pranzo: dormo fino alle tre. Quindi mi metto a vedere qualche vecchio film nel mio cinema privato”. Nel 1982, dopo aver realizzato oltre 40 film quasi tutti scritti da lui, firma Fanny e Alexander, ultimo lavoro per il grande schermo che gli varrà il terzo Oscar. Nel 1987 pubblica Lanterna magica, discussa autobiografia. Tornato a dedicarsi al teatro e alla televisione, dirige il suo ultimo film per la televisione Sarabanda, seguito di Scene da un matrimonio, nel 2003.  Dopo Fellini scompare Ingmar Bergman, sommo regista, drammaturgo, sceneggiatore e scrittore che riuscì a cristallizzare, sul grande schermo chiamato cinema, passioni e contraddizioni dell’animo umano.