Azouz Marzouk presenterà entro la fine di questa settimana un’istanza di revisione, basata sui presupposti dell’articolo 630 lettera d, che richiama la frode processuale. Il tunisino, che nella strage dell’11 dicembre 2006 a Erba perse moglie e figlio, scrive di aver dubitato fin dall’inizio della colpevolezza dei coniugi, che ha sempre ritenuto «goffi e un po’ buffi» e ritiene che l’eccidio sia stato commesso da un commando.

Per questo porterà all’attenzione del procuratore generale di Milano il sollecito a valutare le anomalie dell’inchiesta. Come racconta il settimanale OGGI che ha letto in anteprima le bozze del documento, si tratta delle intercettazioni scomparse del testimone Mario Frigerio, dei dubbi mai entrati in aula sulla macchia di sangue e delle piste trascurate in modo inspiegabile, ovvero di prove che Marzouk non considera affatto granitiche ma capaci di convincere la coppia a confessare il falso per evitare l’ergastolo.

Spiega a OGGI l’avvocato Luca D’Auria, che assiste Marzouk: «Con questo atto sollecitiamo il procuratore generale di Milano ad indagare sulle confessioni di Olindo Romano e Rosa Bazzi, confessioni che noi riteniamo essere autocalunniatorie e causa della frode processuale. È vero che il reato di autocalunnia è ormai prescritto, ma il dovere di accertamento di verità per il procedimento principale, ossia la strage, va portato fino in fondo».