A chi gli chiedeva cosa aveva voluto dire con La Grande Magia, Eduardo rispondeva che aveva voluto significare che “la vita è un gioco, e questo gioco ha bisogno di essere sorretto dall’illusione, la quale a sua volta deve essere alimentata dalla fede…. Ogni destino è legato ad altri destini in un gran gioco eterno del quale non ci è dato scorgere se non particolari irrilevanti” (Il Dramma, marzo 1950) Il tema sostanziale de La Grande Magia è il rapporto tra realtà, vita e illusione: il Professor Otto Marvuglia  fa  “sparire”  durante  uno  spettacolo  di  magia  la  moglie  di  Calogero  Di  Spelta  per consentirle di fuggire con l’amante, e fa poi credere al marito che potrà ritrovarla solo se aprirà con totale  fiducia  nella  fedeltà di  lei  la scatola  in cui  sostiene  sia rinchiusa.  Alla  fine  la donna ritorna pentita, ma il marito si rifiuta di riconoscerla, preferendo restare ancorato all’illusione di una moglie fedele custodita nella inseparabile scatola. Ove  si  consideri  il  periodo  di  scrittura  e  prima  messa  in  scena  del  testo, tra  il 1947 e  il  1950,  va rilevato la sua modalità coraggiosamente sperimentale, con numerosissimi riferimenti meta teatrali: Eduardo parla  in modo preciso del rapporto tra il mondo del teatro e quello degli  spettatori, e dei confini,  invisibili ma invalicabili, tra queste due realtà complementari. Ma parla  forse anche della crisi  di  un  autore  che  aveva  creduto  di  trovare  la  propria  funzione  negli  anni  difficili  ma pieni  di speranza  e  di  entusiasmo  del  primo  dopoguerra  e  si  accorge  che  il  mondo  – cieco  e  sordo  -preferisce  non guardare  in  faccia  la realtà.   In particolare il teatro considerato un’arte accessoria, non uno strumento di allerta ma solo un tranquillizzante gioco di illusione. Così  il  protagonista  Otto  Marvuglia  “professore  di  scienze  occulte,  celebre  illusionista” – come recita la locandina prima del testo – fa sì tornare alla mente la figura di SikSik  “artefice magico” ma con ben altre scaltrezze e capacità di manipolare: e tutto diviene più inquietante.   “Le ragioni per le quali si  sceglie una  commedia sono sempre  molteplici ed è difficile trovare a tutte  una  spiegazione. Così Luca De Filippo, interprete con Massimo De Matteo e Carolina Rosi della commedia della quale cura la regia. La  grande  magia, continua Luica, nasce  in  un  contesto  storico  affine  a  quello  di  Napoli milionaria!, Filumena Marturano e Le voci di dentro; tuttavia trovo che questa commedia, rispetto alle altre che ho messo in scena sino ad ora, abbia uno sviluppo differente e del tutto originale.  Fu rappresentata solo in due occasioni, in passato, una prima volta da Eduardo stesso, poi da Giorgio Strehler, nel suo spettacolo al Piccolo, e sono per me due grandissimi precedenti. Se negli altri tre testi che ho citato, Eduardo aveva riflettuto sulla società, con i limiti, le ipocrisie, i condizionamenti che  imponeva  all’individuo,  nella  Magia lascia  spazio  all’introspezione  e  all’amara  disillusione sulla possibilità di assistere, in Italia, ad un reale cambiamento. La speranza di un’inversione di tendenza è venuta meno: all’individuo non resta che cullarsi nell’illusione che tutto vada bene. Una scelta valida, utile a sopravvivere, ma perdente, nel privato, come nel pubblico.   Teatro Quirino
martedì 19 febbraio prima stampa ore 20.45
repliche fino al 10 marzo
Teatro Stabile dell’Umbria Elledieffe
La Compagnia di Teatro di Luca De Filippo
LA GRANDE MAGIA
di Eduardo De Filippo
con Luca De Filippo Massimo De Matteo Carolina Rosi
regia Luca De Filippo
scene e costumi Raimonda Gaetani