Pedofilia, prostituzione, stupro. Assieme alle difficoltà di essere donna, ai rapporti spesso complessi con gli uomini e con lo stesso sesso. Senza ammiccare al lettore, senza bisogno di comprensione, in un sapiente intreccio di non detti.Questa la scelta di Elisabetta Bucciarelli in “Io ti perdono”: in un paese della Val d’Aosta dove Doris – l’ispettore Maria Dolores Vergani-  passava le vacanze, continuano a sparire bambini. Tornano dopo qualche giorno,all’apparenza sani e salvi, in realtà segnati indelebilmente da orrendi abusi. Ma quando l’assenza di Arianna, due anni, si protrae, il parroco del luogo la chiama, chiedendole di prendersi cura della mamma disperata, in veste di psicologa, quel lavoro che Doris ormai non svolge più perchè sospesa dall’albo.  Ma c’è anche dell’altro, il prete non vuole o non può dire. Una leggenda antica, una richiesta di perdono, un senso di colpa che non trova pace. Intanto a Milano vengono rinvenuti, in un’area industriale dismessa, i resti di una donna e il collega Pietro Corsari la coinvolge, suo malgrado, in un’indagine ben oltre le mura della città. In questo momento, Maria Dolores può fidarsi solo di Achille Maria Funi, il suo aiuto, che la segue in missioni oltre la loro stretta competenza e che si rivela, inaspettatamente, sensibile e perspicace.  Così, storie cupe e complesse si sovrappongono in un noir tutto al femminile che Elisabetta Bucciarelli domina con mano sicura, sebbene con scrittura inusuale, tagliente e a tratti coraggiosa. Un noir in cui la sofferenza di Maria Dolores trasuda dalle pagine e arriva netta al lettore. Ancor più se la collana ideata da Kowalski in collaborazione con Coloradofilm porterà a termine le immagini dei lettori con una produzione interna immediata. Dal libro alla fiction. Io ti perdono
Elisabetta Bucciarelli
Kowalski