Dicevano che il mulino parlava, ma solo a chi restava zitto abbastanza a lungo. Lucia aveva scelto quella casa per staccare. Logopedista in pensione anticipata, aveva ascoltato troppe parole negli ultimi vent’anni. Adesso voleva silenzio. Vero, pieno. Aveva trovato l’annuncio su una piattaforma di scambio casa: “Antico mulino alsaziano, silenzioso e isolato. Sconsigliato a chi ha bisogno di connessione.” Le era sembrato perfetto.

Lo scambio fu semplice. Gérard, il proprietario, era un uomo di poche parole. “Qui non c’è rete, ma c’è ritmo. Senta se le piace,” aveva scritto. Tre giorni dopo, Lucia aveva le chiavi digitali e una valigia leggera. Il mulino era tutto in pietra e legno, con la ruota ferma da anni e un ruscello che pettinava i pensieri. Le pareti odoravano di noce, i mobili sembravano trattenere ricordi di qualcuno più ordinato di lei.

La prima notte sentì un rumore strano: un cigolio ritmico, profondo, quasi un respiro. Non c’erano finestre aperte, né vento. Al mattino, sul tavolo, trovò un foglio scritto a mano in italiano antico. Carta ingiallita, calligrafia incerta: “Se lasci una domanda tra le pietre, la ruota ti risponde quando piove.” Scrollò le spalle. Troppe metafore per una logopedista.

Ma la seconda notte, in un momento d’ironia o stanchezza, si chinò accanto alla ruota e sussurrò: “Devo cambiare qualcosa?” Tornò a letto senza aspettarsi nulla. La mattina dopo, un libro sulla mensola era girato al contrario. Dentro, un biglietto con una sola parola: “Sì.”

Lucia iniziò a prestare attenzione. Fece colazione con pane alle noci, andò al mercato del paese, comprò burro e formaggio, accettò una tisana strana da una vicina che parlava solo francese stretto. Sistemò vecchi cassetti, riordinò pentole. Una sera trovò una cassetta etichettata “suoni del mulino, 1982”. La ascoltò a occhi chiusi: solo acqua e legno, ma sembrava musica. Scrisse nel diario: “Forse alcune case hanno memoria. Basta non sovrascriverla.”

Il giorno della partenza, mentre chiudeva lo zaino, la ruota si mosse. Un solo giro, lento, e poi tornò immobile. Lucia non disse niente. Lasciò sul tavolo una piccola perla di vetro blu e un biglietto scritto con la sua grafia chiara: “Grazie per il silenzio. Era proprio la voce che mi mancava.” Poi chiuse la porta piano. Per non disturbare.

Interno mulino in Alsazia con arredi rustici, luce naturale e atmosfera di silenzio e ascolto”