Una chiesa, in una serata fredda. Una chiesa così grande che il freddo da fuori pareva essere entrato tutto lì. Ma passò presto. Dopo non molto tempo dall’aver varcato la soglia, infatti, si veniva avvolti da suoni ed evocazioni che quei sei personaggi apparentemente così diversi tra loro dispiegavano sulla gente come un’enorme manto arabescato. Non molta gente, per la verità, il che però significava ‘fortuna’, perché offriva la possibilità – rara per questi eventi – di sedere in quarta fila e far godere gli occhi, oltre che l’udito. Già, perché era necessario anche vederli.  L’uomo coi fiati, ad esempio, destava subito curiosità, non appena accennato il primo brano: c’era una sorta di grande espositore alle sue spalle, ricco di strumenti diversi. La maggior parte sembravano in legno, ed avevano tutti delle forme affascinanti: almeno venti, o venticinque, e delle dimensioni più diverse. Quelli che non entravano nell’espositore perché troppo grandi, poi, stavano in piedi, o poggiati a qualcosa. E troppo grandi significa: più lunghi di lui, Mario Crispi. Colpiva anche la bellezza di lei, prima ancora che facesse vibrare le corde vocali producendo suoni incantevoli: Rosie Wiederkehr è una delle migliori interpreti della scena internazionale. E lo stesso stupore alla vista veniva provocato anche dalla massa non indifferente del personaggio che generava i suoni bassi (e metteva anche i cd per le basi midi): la stazza di Mario Rivera è di quelle che non possono passare inosservate.  Durante il concerto, poi, ci si soffermava più volte nell’osservazione dello stile del batterista e percussionista: possiede qualcosa che ricorda le band pop-rock degli anni Ottanta, e a volte stava con lo sguardo fisso nel vuoto di fronte a sé mentre suonava in maniera quasi ossessiva. Ma la voce ha delle sfumature assolutamente uniche, e di certo provenienti dal sud. Tonj Acquaviva è di Palermo, e un po’ lo si intuisce. Come si intuisce che Lutte Berg non è assolutamente italiano, cosa invece scontata per Giuseppe Panzeca, sia per l’aspetto che per gli strumenti a corda che suona (liuti popolari, i suoi, che si contrappongono alle chitarre anche a doppia tastiera di Berg). Sì, gli ‘Agricantus’ non sono world soltanto nella musica: lo sono a 360 gradi, e il bello è che ad ascoltarli si entra nella dimensione stessa dalla quale provengono. Si tratta di uno dei gruppi italiani più noti al mondo, se non quello più conosciuto: vincitori di svariati premi nazionali e internazionali, nel 1999 vanno in vetta alle classifiche americane e australiane con un loro ‘Best of’, vendendo persino in Giappone. E realizzano colonne sonore per noti lungometraggi, il più famoso dei quali è forse ’Placido Rizzotto’ di Pasquale Scimeca – mostrando anche un impegno (mai latente, per la verità) nei confronti di rilevanti tematiche sociali (con la bellissima “Jamila” – prodotta da ‘Il Manifesto’ nel 2002 e frutto della collaborazione con il chitarrista Francesco Bruno – hanno aiutato ‘Emergency’ per la Sierra Leone). Ultimo lavoro: ‘Habibi’, album del 2005: la scena nazionale e internazionale ha le porte aperte in attesa di un ritorno…