Sta per arrivare una delle manifestazioni più attese e seguite dell’Estate Romana: Pirandelliana (XXII Edizione) che verrà  presentata dalla compagnia teatrale La bottega delle maschere diretta da Marcello Amici. Oltre 108.000 gli spettatori nelle precedenti edizioni!
La rassegna si svolgerà, come è tradizione, nel Giardino di Sant’Alessio all’Aventino, dal 10 luglio al 12 agosto.
Negli anni l’aria che si è respirata nella Pirandelliana non è mai stata raddensata, austera, severa, ma ironica tragedia e commedia tragica. È stato sempre teatro pirandelliano.

Il Giardino di Sant’Alessio è uno degli spazi più intensi dell’Aventino. È un solenne balcone sulla Città Eterna, un luogo antico e giovane, silenzioso: il più suggestivo dell’Estate Romana.

Il teatro di Marcello Amici ha una sua unicità, contiene sempre il gusto e il sapore  del teatro nel teatro, ovvero lo svolgimento di quella convenzione che è sempre sottesa al teatro di Pirandello, per cui lo spettatore sa che sul palcoscenico si verifica una finzione e tuttavia, proprio per il suo ruolo di spettatore, è tenuto a crederci. L’attore recita, finge dunque, ma deve essere creduto dallo spettatore perché dice parole mai udite prima. È il teatro di parola! La rassegna conterrà due capolavori dell’autore siciliano: I giganti della montagna, in scena il martedì, il giovedì, il sabato; Il berretto a sonagli, il mercoledì, il venerdì e la domenica.
L’iniziativa è parte del programma dell’Estate Romana promossa da Roma Capitale Assessorato alla Crescita culturale.

I GIGANTI DELLA MONTAGNA
Il mito fu rappresentato il 5 giugno 1937 nel Giardino di Boboli a Firenze

Nella villa della Scalogna, solitaria in una valle deserta, vivono il mago Cotrone e i suoi Scalognati, gente strana che guarda la realtà con occhi trasognati. Sono venuti nella valle per vedersi vivere quali credono di essere. Campano di sogno e di poesia.
Giungono un giorno alla villa Ilse Paulsen, un’attrice, il marito di lei e pochi compagni. Sono i superstiti di una compagnia teatrale malridotta dopo aver tentato invano di rappresentare il dramma La favola del figlio cambiato. L’opera è stata scritta da un giovane poeta innamorato di Ilse che poi si è ucciso perché respinto dall’attrice. Cotrone invita gli attori a fermarsi alla Scalogna, nel regno della poesia, dove i sogni dell’arte si realizzano. Ma Ilse Paulsen, la Contessa, vuole proseguire la sua missione per portare altrove quella tragedia che è diventata per lei tormento e vita.
Termina qui la stesura del dramma concepito incompiuto.

Che fine ha fatto quel personaggio che di volta in volta si è fatto chiamare Leone Gala, il Padre, Laudisi, Martino Lori, Enrico IV, Ciampa, Angelo Baldovino, Agostino Toti, ma anche Zi’ Dima Licasi, Bellavita, L’uomo dal fiore, o Mattia Pascal… Ora, si fa chiamare Cotrone e vive in una villa, detta La Scalogna,  solitaria in una valle deserta.
Chi sono i personaggi del mito? La regia ha curato con attenzione la risposta. Artisti dell’esistenza, professionisti della fantasia, gli attori. Gli Scalognati, invece, personaggi strani che vivono di capacità evocative che svolgono sotto la guida del mago Cotrone che maneggia con abilità, come Prospero ne La tempesta, la stoffa di cui son fatti i sogni.

Sul palcoscenico c’è sempre il teatro, il luogo delle finzioni, ma gli Scalognati non si identificano con la scena e i suoi trucchi illusori. Quando spuntano gli attori vaganti della Contessa, la regia ricalca l’arrivo dei Sei personaggi. I loro racconti diventano drammi interpretati, brani di vita non più veri, recitati. Da una parte il fuoco spento – qua e là una scintilla – dei comici che cercano un’anima vera come si cerca un vestito per un bal­lo in maschera. Dall’altra il fuoco inebriante di Cotrone, il fuoco dei semplici, il fervore dell’accattone, la passione della vecchietta e tutte quelle faville che sono in una sera d’estate fra pianta e pianta, nelle pietre delle case che assorbono i so­gni e le voci che sono in noi.

È il fuoco inebriante di Cotrone che esorta ad essere come i bambini che fanno il giuoco, ci credono e lo vivono come vero. Nessuna cosa è chiara in questo mondo. Solamente il fanciullo e il poeta.
Come interpretare, allora, l’incontro tra il mondo dei fantasmi e dei sogni e quello degli attori, convinti di poter ancora parlare a una società di tecnocrati con la voce dell’arte? Mentre si sviluppa sul palcoscenico tra le due comunità uno scambio di illusioni e di incantesimi, si crea da sé sulla scena una tensione prodigiosa dove tutti sono in attesa di chissà quale miracolo.
E quando, sul fragore della cavalcata dei Giganti che scendono a valle, la tensione del mito raggiunge il massimo della sua iride­scente angoscia, quando la realtà dei Giganti diventa paura, la regia fulmineamente li esclude e li vince con una fervida intuizione…

IL BERRETTO A SONAGLI
La commedia fu rappresentata il 27 giugno 1917 al Teatro Nazionale di Roma

La messinscena apre con la novella dello stesso Pirandello La verità, prodromo della commedia Il berretto a sonagli dove Tararà confessa al giudice di non aver potuto fare a meno di ammazzare la moglie che lo aveva cornificato, svergognandolo davanti a tutto il paese… e si accendono le luci sulla storia di Ciampa, uno scrivano, un piccolo intellettuale di una sperduta provincia siciliana, che ha accettato senza reagire che la giovane e bella moglie sia diventata l’amante del cavalier Fiorica, l’uomo di potere che gli ha dato lavoro, al tacito patto che della relazione nessuno parli e, soprattutto, che nessuno possa andar dicendo che lui ne sia a conoscenza. Quando la gelosia di Beatrice, moglie del Fiorica, rompe la convenzione del silenzio, e i due amanti vengono addirittura sorpresi e arrestati dalla polizia, Ciampa si ritrova nelle condizioni di Tararà, deve vendicare il suo onore, pena il disprezzo dei suoi concittadini. Ha un lampo – quel bagliore che all’improvviso pervade tutta l’opera pirandelliana – riesce a convincere la signora Fiorica a farsi passare per pazza ed entrare in una casa di salute, in modo che le ragioni da lei urlate non siano credibili. Come? È semplice, basterà che si metta a gridare in faccia a tutti la verità; nessuno ci crederà, e tutti la prenderanno per pazza.
… forse la più perfetta commedia di Pirandello: giudizio di Sciascia!

La regia ha inserito un prologo: la novella La verità, prodromo della storia raccontata dal Ciampa; per farlo, adopera le persone della commedia come spettatori, a vista, ai lati di un palcoscenico ristretto dalle luci, come piccolo è il loro mondo dove l’apparenza conta più di qualsiasi altra cosa.

Sulla scena, tutti, a loro modo, hanno un’agitazione che esprimono con la voce e con il corpo. Tutti, tranne Ciampa. La sua calma nasconde una profonda sofferenza: la ragione parla, non grida mai. Nella novella, Tararà uccide la moglie; racconta tutto, punto per punto, al giudice che lo condanna a 12 anni di reclusione. Ciampa, invece, ha un lampo che consacrerà a pirandelliano il suo personaggio. Il suo carattere, scrive Pirandello a Martoglio che dirigeva le prove della messinscena ‘A birritta cu’ i ciancianeddi, interprete Angelo Musco, è pazzesco; questa la sua nota fondamentale. Gesti, andatura, modo di parlare, pazzeschi. Una maschera nuda che sottolinea il contrasto tra il sotterraneo fluire dei sentimenti e la rigidità delle forme che li imprigionano tra verità e finzione.

L’apparire conta più dell’essere: conservare il rispetto della gente, tenere alto il proprio pupo –  per modo che tutti gli facciano sempre tanto di cappello! Poi, come tutto si placa dopo un temporale, anche qui, come nelle altre storie di Pirandello, non accade nulla: fingere ancora un poco, tre mesi, in una casa di salute e ognuno potrà riprendersi il proprio posto nella società.
Nella risata finale di Ciampa, di rabbia, di selvaggio piacere, di disperazione c’è tutta la tragedia di questo vecchio che per conservare il bene della giovane moglie, è stato costretto a qualunque compromesso fino al punto di spartirsi l’amore di quella donna con altro uomo, ricco, giovane, bello. In quella orribile risata, sulla quale cala la tela, culmina l’amaro umorismo di Pirandello sulle assurde contraddizioni della vita.

dal 10 luglio al 12 agosto

Giardino della Basilica dei Santi Bonifacio e Alessio all’Aventino
Piazza Sant’Alessio 23 – Roma

Pirandelliana 2018
XXII Edizione

I giganti della montagna

Il berretto a sonagli

di Luigi Pirandello

con

Marcello Amici, Marco Vincenzetti, Tiziana Narciso, Elisa Josefina Fattori,
Anna Varlese, Maurizio Sparano, Mario Ive, Lucilla Di Pasquale, Marco Sicari,
Francesca Ciccanti, Marco Tonetti, Luca Guido, Michele Carnevale, Barbara Pizzuco, Giulia Crescente, Elisa Licciardi  

Regia Marcello Amici
Ingresso € 16,00 – ridotto € 14,00
Inizio spettacoli ore 21.15 – apertura botteghino ore 20 – Lunedì riposo
Informazioni e prenotazioni:
06.51955055 – 331.5790892
www.labottegadellemaschere.it  ( prenotazioni on line)
info@labottegadellemaschere.it
f La bottega delle maschere