In un nero spazio scenico, scevro da modernismi visivi, nudo e percosso soltanto da sprazzi di luce, Giulio Bosetti, qui regista e interprete con Marina Bonfigli e Sandra Franzo, umanizza l’insanabile dissidio fra legge civile e legge morale e crea uno spettacolo di limpido e spietato rigore in cui a contare non è che la Parola del poeta, restituita appieno dai nuovi versi in tutta la sua tragica verità. Una Parola, come ha scritto lo stesso Bosetti, che illumina e tenta di svelare il mistero eterno dell’uomo diviso fra coscienza e dovere.

Dopo la lotta fratricida fra Eteocle e Polinice, conclusasi con la morte di entrambi, Creonte, fratello di Giocasta e re di Tebe ha ordinato che il corpo di Polinice resti insepolto fuori dalle mura della città, in balia di uccelli e animali rapaci, poiché ha osato muovere un esercito contro la Patria. Antigone, riconoscendo dentro di sé un dovere sancito da leggi divine non scritte, respinge tale disposizione e decide di seppellire il fratello, cercando inutilmente l’aiuto della sorella Ismene. Nonostante sappia che tale gesto la condanna a morte secondo il decreto di Creonte, la giovane riesce a portare a termine il suo proposito ma viene scoperta. Dopo il sacrificio di Antigone e le altre sciagure che si abbatteranno su di lui, Creonte resterà solo, annientato dalla disperazione, e come noi impotente a risolvere i contrasti di cui la tragedia sofoclea è da sempre metafora.

Roma, Teatro Quirino
dal 5 dicembre al 21 dicembre 2006