Due anni. Questo il tempo di attesa per avere una diagnosi di artrite reumatoide. E sono circa 300.000 gli italiani alle prese con questa malattia infiammatoria cronica e progressiva e che si rivolgono in prima battuta a uno specialista non reumatologo, allungando inevitabilmente i tempi di diagnosi.A scattare questa fotografia,il Censis, che ha illustrato  i dati del primo Rapporto sociale sull’artrite reumatoide voluto dalla Società italiana di reumatologia (Sir) e dall’Associazione nazionale dei malati reumatici (Anmar). 646 i pazienti coinvolti nell’indagine, il 60% dei quali ha ricevuto la diagnosi da almeno 5 anni. Nel rapporto si legge che i tempi del riconoscimento dell’Artrite reumatoide variano a seconda del medico che effettua la prima diagnosi.Infatti, l’attesa media tra l’insorgenza dei primi sintomi e la conferma della diagnosi da parte di un reumatologo è superiore ai due anni nel caso in cui il paziente sia stato diagnosticato inizialmente da uno specialista non reumatologo. Se, invece, il medico di famiglia indirizza subito il malato dal reumatologo, i tempi variano tra i 10 e gli 11 mesi.Tanti sono i dubbi e le incertezze di reumatici:  per il 60% degli intervistati i sintomi sono stati confusi con malattie quali artrosi e dolori reumatici generici. Ma colpisce anche l’inadeguatezza delle terapie: il 37,3% dei pazienti assume esclusivamente antinfiammatori, mentre solo il 59,9% accede alle terapie di fondo con gli anti-reumatici modificatori della malattia (DMARDs, molecole in grado di modificare il decorso della malattia) e un esiguo 7,4% ai farmaci più innovativi come i biologici, i soli in grado di indurre una remissione della malattia. Le cure più efficaci sono riservate, invece, a chi risiede in un centro reumatologico o in un polo universiatrio.”Per questo -avverte Antonella Celano, presidente Anmar- serve un impegno politico indirizzato a garantire pari opportunità di accesso alle cure su tutto il territorio nazionale. La nostra speranza è sensibilizzare l’opinione pubblica e chiedere un’informazione di base sull’argomento.E conclude:”Mi appello anche alle Regioni perchè sono ancora una netta minoranza, solo quattro, ad aver inserito l’artrite reumatoide nei loro piani sanitari”.