Coloro che assistettero alla prima rappresentazione, nel 1952, di Aspettando Godot di Samuel Beckett ne pronosticarono vita breve. Si sbagliarano di grosso, a distanza di circa sessant’anni l’opera, ormai un classico che ha segnato “l’oggettivazione dell’assurdo”, continua ad affascinare il pubblico che decide di confrontarsi con un testo in cui la componente tempo è congelata.Ma affinchè un testo possa continuare a vivere nel corso dei decenni, è necessario che la sua natura più intima non venga tradita. È questo il caso dell’allestimento del Teatro Stabile di Genova, in scena fino al 30 gennaio al Teatro Argentina di Roma. Uno spettacolo pregevole, conferma dell’ottimo lavoro svolto negli ultimi anni da questo Stabile, che vede la regia di Marco Sciaccaluga e protagonisti, “negli stracci” di Estragone e Vladimiro, rispettivamente Ugo Pagliai ed Eros Pagni.Aspettando Godot può essere definita “un’enorme pausa”. Due mendicanti, Estragone e Vladimiro, attendono sotto un albero in aperta campagna, un certo Godot dal quale sperano di essere “salvati”. Durante l’attesa, i due incontrano un ambiguo castellano, Pozzo, e il suo servitore Lucky, tenuto al guinzaglio come un cane. Dopo essersi intrattenuti con i due mendicanti, Pozzo e Lucky ripartono. Un intimorito ragazzo porta un messaggio da parte di Godot : il suo padrone verrà sicuramente l’indomani. Il secondo atto è quasi identico al primo: Estragono e Vladimiro che attendono, Pozzo (ora cieco) e Luky che ritornano dai due mendicanti, il ragazzo che annuncia dell’arrivo di Godot l’indomani.Ma chi è Godot? Dio, la Felicità, o altro. Non ha importanza in quanto ognuno potrà vedere in questo personaggio assente ciò che la propria personale prospettiva gli suggerisce. Lo spettatore, alla fine dello spettacolo, uscirà da un immobilismo temporale in cui ieri, oggi e domani perdono ogni significato, lasciando spazio all’istante freddo, ripetitivo e immutabile. Merito, in questo caso, oltre che della puntuale regia, anche dei due attori abili e perfetti nei tempi comici. Comici perché Aspettando Godot è una commedia carica di ironia e di umorismo in cui non si ride ma si sorride. Pagliai e Pagni, per la prima volta insieme sulla scena, appaiono come due Charlot (con tanto di bombetta) trasferiti sul palco che, attraverso scambi di battute “assurde”, discutono (e ci interrogano) sulla religione, lo “scorrere” del tempo, il suicidio e lo stesso teatro. Dell’Aspettando Godot di Sciaccaluga resteranno impressi nella mente dello spettatore, oltre ai due protagonisti, anche il suggestivo impianto scenografico: un grosso albero spoglio (ispirato a L’albero della cuccagna di Brueghel), sesto personaggio muto della commedia, su un fondale plumbeo carico di nubi che paiono avvolgere l’intera scena. Il tutto inserito in una sorta di diorama che sembra porre i vari personaggi all’interno di una campana di vetro. Meritevoli di plauso anche i tre giovani attori (tutti diplomati presso la Scuola di recitazione del Teatro Stabile di Genova) che affiancano Pagliai e Pagni: Gianluca Gobbi, un Pozzo reso magistralmente attraverso un attento lavoro gestuale e di intonazione vocale, Roberto Serpi (Luky) e Alice Arcuri (il ragazzo).




