Attraverso questa selezione di opere a far tempo dall’ultimo scorcio degli anni Dieci, la mostra cerca di investigare le ragioni ed i temi che conducono Carrà ad abbandonare l’avanguardia futurista per approdare ad una riflessione poetica che lo conduce dalla Metafisica ai “Valori plastici” fino al “Realismo mitico”, come lui stesso lo definiva, degli anni Venti e Trenta, infine agli esiti del dopoguerra.

Il nucleo principale della mostra risulta costituito da quella riflessione che prende avvio all’interno dell’esperienza “metafisica” – allorché Carrà ha modo di incontrare, a Ferrara, Giorgio de Chirico e Filippo de Pisis – per approdare ad una ricerca autonoma e solitaria verso la metà degli anni Venti, quando il tema del paesaggio comincia a definirsi secondo un paradigma originale. Quel “paesaggio come sogno”, che – secondo la definizione dell’artista – prevede non tanto di dipingere un motivo naturale, bensì addentrarsi, attraverso la pittura, verso la “trasformazione del paesaggio in poema pieno di spazio e di sogno”.
Rifiutando la retorica che contraddistingue sovente la poetica novecentista, Carrà sembra raggiungere proprio nella pittura di paesaggio l’apice del lirismo, quasi che in quella pittura emergesse una sorta di esigenza morale capace di fondere “le concezioni costruttive del pensiero francese moderno – secondo la testimonianza dello storico tedesco Werner Haftmann – con i grandi valori tradizionali dell’arte italiana”: vale a dire con le solide definizioni delle “cose” che provengono dalla tradizione di Giotto e di Masaccio. Un’arte che non appartiene più alle forme dell’espressione, ma che piuttosto cerca di raggiungere una determinazione formale di antica solennità e di malinconica grandezza.
Palazzo Mauro de André, viale Europa, 1 – Ravenna
Dal 28/08/2009 al 14/09/2009