“Rinnovare il linguaggio vuol dire rinnovare la concezione, la visione del mondo”. Con questa frase il drammaturgo franco rumeno Eugène Ionesco (1909-1994) sintetizza la sua personale e rivoluzionaria idea di teatro. Rivoluzione che all’inizio degli anni ’60  è stata accolta in Italia da Mario Scaccia, massimo interprete del teatro ioneschiano. Il maestro, scomparso a gennaio del 2011 all’età di 91 anni, aveva deciso nel 2010 (a distanza di quasi 50 anni dal suo “incontro” con Ionesco) di riportare sulle scene, questa volta solo in veste di regista, lo spettacolo Deliri a due. In scena fino al 13 marzo al Teatro dell’Orologio di Roma, questa “anti-commedia” è composta da due atti unici, La fanciulla da marito e Delirio a due (quest’ultimo scritto nel 1962 e ritenuto da Ionesco perfetto per Scaccia), intervallati da un originale video in cui lo stesso Scaccia delinea i tratti salienti dell’opera ioneschiana e  racconta il suo avvicinamento-scoperta (prima) e l’amicizia (poi) con il drammaturgo (per caso) e autore de La cantatrice calva (1950). Ionesco demolisce “il salotto borghese” (caposaldo della tradizione teatrale fine ottocentesca) e mediante un linguaggio nuovo (espressione della confusione che caratterizza personaggi meschini e ipocriti) ricostruisce, in modo grottesco e paradossale, caratteri e situazioni. Attraverso la forma comica, l’autore svela allo spettatore-mondo il lato più drammatico (e nascosto) dell’umanità: la paura della morte, l’insoddisfazione del presente, l’incapacità all’azione, i cliché. Ciò che appare come un impulso alla ricerca di un senso e di un perché della vita, fallisce miseramente. In Delirio a due, la guerra infuriante fuori le mura domestiche, e l’autodistruzione volontaria della coppia protagonista, assumono le caratteristiche di uno scontro senza senso di cui si ingnorano sia la causa che la soluzione, sia i vincitori che i vinti. Uno battaglia che, non appena terminata, è obbligata a riprendere. Lo spettacolo, che si chiude con un ricordo della compagnia al maestro Scaccia, sintetizza al meglio la “poetica dell’assurdo”. Merito dell’ottima regia e dei due attori protagonisti: Tullia Daniele, convincente interprete dello stereotipo della donna insoddisfatta (all’uscita dello spettacolo non potrà non risuonare nelle vostre orecchie la sua divertente esclamazione: “Seduttore!”); Mauro Fanoni la cui interpretazione, al limite tra il grottesco e il reale, evidenzia la complessità del personaggio del marito ma allo stesso tempo lo eleva a ruolo dal carattere universale. Quale coppia non si rivedrà in quella di Delirio a due?