Alla vigilia della sentenza della Cassazione sul delitto di Meredith Kercher, uccisa il 1° novembre 2007 a Perugia, parla per la prima volta una giurata popolare del processo d’appello che condannò Amanda Knox e Raffaele Sollecito a 28 e 25 anni di reclusione. In un’intervista al settimanale OGGI, dice Genny Ballerini: «Io avevo tanti dubbi sulla colpevolezza dei due ragazzi. Non ero innocentista, ma pensavo, e dicevo anche agli altri: “Non bastano gli indizi che abbiamo per infliggere tutti questi anni di galera”. Quali sono le prove per mandarli in carcere? Forse ero ingenua, ma prima di pronunciare una sentenza di condanna così pesante volevo vederci chiaro. C’era troppo poco, secondo me, per giustificare una condanna così pesante: prove discutibili, testimonianze strane, indizi incerti».

La donna rivela anche i suoi dubbi sul movente («Scarsa pulizia in casa? Da buona toscana l’ho subito definito “una bischerata”. Non si massacra una ragazza perché si lamenta di un po’ di puzza in bagno») e sull’assenza di tracce di Amanda sul luogo del delitto («Si è sostenuto che era stata lei a cancellarle facendo pulizia. Mah! Oggi, se ci ripenso, i dubbi aumentano»). E racconta il suo metodo di lavoro («Durante il processo ho tenuto un diario per ogni udienza. Ho scritto tutto quello che accadeva e alla fine aggiungevo le mie sensazioni») e i rapporti con i giudici togati: «Il presidente e il giudice a latere non hanno espresso un’opinione fino all’ultimo istante. Durante tutti quei mesi, non sono mai riuscita a capire come la pensavano. Non ci hanno assolutamente influenzati. Ci spiegavano solo le cose che faticavamo a comprendere. Ho capito cosa pensassero solo quando si è decisa la sentenza, ma i miei dubbi sono rimasti. “Rudy Guede ha lasciato nella stanza del delitto ben altre tracce rispetto a Raffaele e Amanda eppure se l’è cavata con una condanna a 16 anni, anzichè a 25”, ho sottolineato a un certo punto. Mi hanno spiegato che era stato processato con il rito abbreviato, che prevede uno sconto di pena».