Sempre sottili i confini normativi tra tecnologia, azienda e lavoro. Ma il dipendente che non vuole essere spiato dal suo titolare mentre traffica in Internet, può stare tranquillo: il suo computer non può essere controllato. A stabilirlo è stato il Garante della Privacy, che ha portato alla luce di recente il caso di un’azienda “disobbediente”. Per ben nove mesi, infatti, il datore di lavoro aveva registrato nel dettaglio le visite on-line di un suo dipendente per smascherare l’uso esagerato e scorretto del computer.Fermo restrando che la tecnologia è ormai condizione necessaria perchè l’impresa possa raggiungere una piena ottimizzazione delle sue risorse, i metodi di sorveglianza ad essa congiunti sono ben più invasivi e radicali rispetto ai vecchi metodi di controllo. Per questo, il datore di lavoro non è disarmato verso i fannulloni che utilizzano la Rete per motivi personali e può controllare l’esecuzione della prestazione del suo dipendente. Ma puà farlo entro limiti precisi.Sia lo Statuto dei lavoratori che il Garante della Privacy, infatti, vietano il controllo acritico a distanza degli impiegati, ma autorizzano i datori di lavoro a condurre una disamina sul traffico in Rete dei dipendenti quando c’è il sospetto di un uso scorretto ed eccessivo di Internet. Momento fondamentale e imprescindibile, perciò, è che l’azienda informi i dipendenti della possibilità di controlli e che le verifiche siano graduali: in una prima fase, concentrandosi sui pc di un intero reparto e, solo in seguito, su quello del singolo utente per smascherare l’eventuale abuso. Massima attenzione, però! Perchè il rischio di cadere in comportamenti antisindacali è molto alto e non è ammesso margine d’errore.