Per oltre venti anni Solgenitsyn, che ha combattuto nella Seconda guerra mondiale e ha trascorso otto anni nei gulag per aver criticato Stalin, ha costituito il simbolo della dissidenza comunista nell’ex Urss. Nel 1974 era stato privato della cittadinanza sovietica ed espulso dall’Urss, vivendo successivamente in Germania, in Svizzera e infine negli Stati Uniti. Era tornato in Russia nel 1994, dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica. Nelle sue ultime opere ha criticato il potere dei nuovi oligarchi e la decadenza della Russia contemporanea.  Aleksander Solženicyn è nato nel 1918 a Kislovodsk, nel Caucaso settentrionale. Laureatosi in matematica e fisica, entrò nell’esercito sovietico. Nel 1945 venne accusato di propaganda antisovietica, arrestato e condannato a otto anni di reclusione. Rilasciato solo nel 1956, dopo altri tre anni di confino si è stabilito a Rjazan’, dove ha insegnato e ha incominciato a scrivere. Nel 1970 gli è stato assegnato il Nobel per la letteratura. Espulso dall’Urss nel 1974, ha vissuto in esilio per vent’anni: ha fatto ritorno in Russia nel maggio del 1994.