Lo sconcertante humus del mondo yiddish ha influenzato e continua ad influenzare dalla forza della propria tragica assenza gran parte del pensiero occidentale. Il suo arrivo negli Stati Uniti con i ripetuti flussi di emigrazione che si producono fra gli ultimi due decenni dell’Ottocento e la prima metà del Novecento ha dato vita ad uno degli incontri più fertili fra culture che si conosca nella storia dell’umanità. L’ambito della letteratura e delle performing arts (cinema, teatro, musica) in particolare è determinato nelle linee principali del suo sviluppo dalla componente ebraica in modo decisivo. La presenza di autori ebrei nella scena musicale del song americano è sconcertante basta fare alcuni nomi: Gershwin, Berlin, Rogers, Bernstein. Uno dei pochi non ebrei fra i nomi che hanno fatto la storia di quella stagione fu il leggendario Cole Porter. Di lui si racconta questo aneddoto. Una volta mentre si trovava a Venezia in una bellissima magione della città lagunare, ricevette la visita di Rogers e Hart, a quel tempo autori non ancora affermati di musical. I due giovani aspiranti al successo erano molto ammirati dal travolgente successo del grande Porter e guardavano con stupore e forse un po’ di invidia il lusso veneziano che quel successo poteva comprare. Porter in quell’occasione diede loro un prezioso suggerimento per il futuro della loro carriera e disse:”volete conoscere il segreto del mio successo? Beh ragazzi! Scrivete melodie ebraiche!”.Paradossalmente il non ebreo, il goy, suggeriva ai due ebrei di scrivere musica ebraica. Il nigun la melodia che sgorga da un interiorità plurisecolare era uno dei grandi scrigni che gli ebrei avevano portato fuggendo dai loro shtetlakh, le povere cittaduzze ebraiche ricche di una ineguagliata spiritualità, a quello scrigno pieno di canzoni in yiddish e di musiche klezmer dell’esilio bisognava attingere per dare all’America una parte fondamentale del suo futuro musicale. La canzone in yiddish ebbe una sua gloriosa stagione anche negli Stati uniti e quando abbandonò il campo a seguito dello sterminio degli ebrei d’Europa conobbe e continua a conoscere numerosi revival. Ma dissolvendosi quell’interiorità ha disperso nell’aria numerosi pollini che hanno prodotto producono singolari gemmazioni e infiorescenze. Non è facile navigare in tutti gli affluenti ebraici che si sono riversati nel fiume impetuoso della cultura musicale e di spettacolo degli States ed è quello che si propone di fare il nostro recital che oltre alla presenza di Moni Ovadia ha come punto di forza la superba voce di Lee Colbert cantante di raffinata sensibilità culturale educata musicalmente a New York. Insieme agli altri musicisti faranno compiere al pubblico un sorprendente viaggio che parte dall’interiorità musicale e umoristica della yiddishkeit fino ai confini dei compositori minimalisti alla scoperta di quel genio ebraico statunitense che oramai ci è così familiare perché parte integrante del nostro retroterra immaginario.