“E’ stato lui a picchiarmi”. Con poche parole e qualche gesto del capo una donna che nella notte di Capodanno del 2000 era stata ridotta in fin di vita fuori da un locale pubblico nell’hinterland milanese ed era stata ricoverata in stato di coma, ha spiegato che a ridurla in quello stato era stato il suo convivente. Il caso era stato archiviato, ora è stato riaperto e l’uomo è finito in manette. La donna ha spiegato che prima dell’aggressione che le è quasi costata la vita, lei aveva già denunciato il fidanzato per maltrattamenti e proprio per indurla a ritirarla lui l’aveva nuovamente massacrata di botte. È tornata alla vita e con lei è riemerso un passato che nessuno poteva conoscere. Dal suo letto di ospedale ha riaperto gli occhi ed è riuscita a raccontare la verità. Terribile, rimasta nella sua memoria, indelebile nonostante lo stato di coma. In quelle condizioni, colpita alla testa e con lesioni alle vertebre, non l’avevano ridotta degli sconosciuti, come si era pensato fino ad ora. Ma il suo compagno: un uomo che già in passato l’aveva maltrattata. Dopo 5 anni, la donna, una milanese di 49 anni, ha fatto luce sulla notte della sua aggressione. Era l’ultimo dell’anno del 1999. Una serata passata in un pub in provincia di Milano, con il suo compagno, e finita ancora una volta con una lite che l’aveva costretta a lasciare il locale. L’avevano ritrovata non lontano, in fin di vita. Si era pensato a un tentativo di rapina. Sul convivente c’era però già più di un sospetto. La donna, infatti, qualche giorno dopo la sua aggressione avrebbe dovuto testimoniare in un processo contro di lui per i maltrattamenti subiti. Processo finito con una condanna a 4 anni. Ora gli inquirenti sembrano sicuri: l’ex convivente l’avrebbe aggredita proprio per non farla testimoniare. A confermarlo la donna, appena uscita dal coma. L’ha confidato prima al figlio, poi lo ha ripetuto agli inquirenti. Custodiva tutto nella sua mente. E lo ha raccontato. Lo ha fatto a fatica, ma tanto è bastato per mettere fine a una brutta storia.