Sospeso a metà tra un romanzo di appendice ed un interno napoletano di vita privata e familiare, torna così alla ribalta il testo più maturo di Ruccello, costruito sulla falsa riga di un romanzo storico ma con una precisa vocazione psicologica, che l’attrice mette in evidenza nel recupero della linea registica che fu dello stesso autore. Sullo fondo degli anni del processo di unificazione nazionale, Donna Clotilde (la Danieli) e Donna Gesualda (Luisa Amatucci) scelgono come residenza per il loro esilio/rifugio la decadente villa vesuviana della prima, baronessa borbonica. La dispotica e prepotente padrona basa la convivenza con sua cugina sulla menzogna e sul sopruso, costringendo la sua compagna ad una prigionia volontaria e mortificante, resa tragicomica dalla situazione coatta. Ognuna esercita un potere sull’altra: così se la prima è ricca e presuntuosa, l’altra è povera ma scaltra. L’equilibrio precario tra le due donne, già perturbato dalla presenza di Don Catellino (Lello Serao), prete meschino e opportunista, viene presto sconvolto dall’arrivo di Ferdinando (Adriano Mottola), il giovane nipote della baronessa, capace di confondere forme e ruoli: la sua bellezza “morbosa e strisciante”, secondo le stesse parole di Ruccello, la sua mortifera strategia, faranno deflagrare la mesta quotidianità della villa, mettendo a nudo contraddizioni, scomode verità, desideri inconfessabili dei suoi abitanti, conducendoli ad una fine senza speranza. «Non mi interessava – spiegava l’autore – realizzare un dramma storico, quanto, invece, evidenziare i rapporti affettivi intercorrenti fra quattro persone in isolamento coatto. Gli odi, i desideri, le bramosie sessuali, le vendette, le sopraffazioni, le tenerezze, gli abbandoni, fra i personaggi, tutti perduti, dannati da una storia diversa per ognuno, ma sempre inclemente e perfida». ROMA – Teatro Quirino dal 28 febbraio al 12 marzo 2006