Preceduto dal tanto auspicato federalismo economico, assistiamo all’avanzare del “federalismo etilico”. Così è stata ribattezzata, infatti, la proprosta di Federico Razzini, vice capogruppo della Lega Nord, insieme al consigliere del PdL Piero Tononi, di modificare i tassi alcolemici per la guida di un’automobile su base strettamente regionale. Per esigenza di chiarezza: oggi il tasso alcolemico è fissato allo 0,5%, circa due bicchieri di vino, mentre i due consiglieri friulani chiedono che la soglia possa innalzarsi fino allo 0,8%, specie nelle Regioni del Nord dove la produzione e il consumo di vino sarebbero più elevati.Una bella provocazione. Che non è passata inosservata. Si sono subito detti contrari il Presidente della Toscana, Claudio Martini e il governatore del Piemonte Mercedes Bresso, che hanno ricordato come la produzione del vino sia ben estesa su tutto il territorio nazionale, ragione per cui non c’è senso nel parlare di diversificazione; senza ricordare, poi, il parere contrario Carlo Giovanardi, il sottosegretario che alla battaglia contro le stragi del sabato sera ha dedicato attenzione scientifica. E a Luca Zaia, ministro leghista dell’agricoltura, è toccato il compito di mettere le paci. Il Ministro si è datto perlesso sul “dimmi dove vivi, ti dirò quanto potrai bere” ed ha sollevato la questione dei limiti e delle campagne ideologiche in Italia: la percentuale degli incidenti stradali legati all’abuso di alcool, infatti, è ancora pari al 2,09%. Facendo centro con il tema scottante della sicurezza stradale, in cui il vino è il prescelto sul banco degli imputati.Esistono, infatti, cause e concause nelle dinamiche degli incidenti stradali, l’uso del telefono cellulare, i gesti distratti di chi fuma alla guida, persino gli effetti collaterali di un farmaco da banco assunto prima di utilizzare l’automobile. Mentre l’alcolismo misto all’assunzione di droghe va combattuto a prescindere, senza essere confuso con campagne di prevenzione poco chiare e poco condivise.