Lo spunto è quello di un discorso divertente e surreale sulle mortificazioni che in ogni fase della loro vita i deboli sono costretti a subire nei fatti ma ancor prima nelle parole perchè è proprio il linguaggio con la sua ambigua complessità ad essere esso stesso, per chi non sa addomesticarlo, incomprensibile e mortificante.

E nella confusa solitudine che scaturisce dall’incomunicabilità il protagonista rivive, in un percorso a ritroso, le umiliazioni dell’infanzia (scuola e famiglia) e dell’età adulta, dal difficile rapporto con gli altri, in particolar modo le donne, all’impossibilità di condividere e di accettare la disumanizzante e frenetica vita di oggi.

Ma proprio nell’autoironia, nel divertente gioco del ridere di sé, nella consapevolezza che la diversità non è un problema da risolvere ma una ricchezza per tutti, Laganà trova la chiave per volgere a proprio vantaggio le piccole asperità della vita, indicando una strada che a molti può tornare utile percorrere.

I monologhi, a volte grotteschi e paradossali, sempre coinvolgenti ed esilaranti, si alternano alle spassose canzoni di Mario Pappagallo, suonate dal vivo da una band di formidabili musicisti diretta da Stefano Palatresi.