Odiati da molti. Compresi da pochi, anzi pochissimi. Spesso manifestazione di un malessere giovanile alla costante ricerca di nuove dimensioni espressive. Simbolo di una rinnovata ricerca di identità tutta metropolitana: i graffiti abbandonano i muri delle degradate periferie moderne per entrare nei più importanti musei del mondo, e non solo.
Dal cinema alla letteratura, dal mondo del web a quello della pubblicità: tutti subiscono il fascino della street art e delle sue creazioni non convenzionali. Mentre i musei ne esaltano i valori estetico-espressivi – si è conclusa da poco la mostra “Street art, sweet art”, presso il Pac di Milano, e molti dei più importanti creativi e pubblicitari la trasformano nel loro Cavallo di Troia per innovative campagne pubblicitarie, come quella ideata per Adidas, il mondo della moda non resta di certo a guardare.
L’universo giovanile, inesauribile fonte di trend e stili sempre nuovi, è da tempo la musa ispiratrice a cui molti designer e stilisti guardano per le loro opere. Passerelle ed atelier si tingono di nuove tonalità sotto lo spray irriverente di writer e “graffitari”.
Non importa che i capi siano classici, casual o sportivi: tutti prima o poi restano macchiati dalla forza espressiva della street art. John Galliano, estroso direttore artistico della maison Dior, arricchisce babydoll di seta e tracolle con disegni e tag da vero maestro. Non sono da meno le creazioni di Armani, mentre Miuccia Prada, nel suo ultimo progetto, “Unspoken dialogue n° 3”, mette in relazione moda, creatività e nuove culture metropolitane. Le sue t-shirt diventano vere proprie tele, spazio espressivo per un’arte prêt à porter che ricorda i vagoni ferroviari di molte città o i paesaggi offerti dalle moderne periferie.
Dai tatuaggi alla skater culture, da New York a Bangkok, da Berlino a Tokyo, lo urban lifestyle si (ri)appropria di ogni spazio libero – o quasi – lasciato a sua disposizione, per ribadire la necessità di dare forma alla propria creatività.