Una nuova storia col sapore del romanzo gotico psicanalitico. Già Henry James, titolando il suo testo singolare “Giro di vite”, tra presenze umane e non umane, aveva alluso ad un atteggiamento psicologico, ad una volontà umana che vuole fissarsi su qualcosa. E anche “Il cottage sull’oceano”, come nella più classica quinta “ghost”, delinea un territorio di ambiguità, fatto di passioni e presenze, in cui vita e morte non possono coesistere.Protagonista è Jessica, appena arrivata a Zane, un piccolo villaggio sulla costa meridionale dell’Australia. Il cottage in cui ha deciso di vivere si trova in cima ad un’altura, da dove può vedere tutto ciò che desidera: cielo, nuvole, granito e acqua, e nulla a interrompere l’orizzonte. Una casa modesta la sua, un salotto di moquette sbiadita con divano e poltrone di finta pelle, una cucina senza pretese, un bagno con la vasca macchiata e una camera da letto, fatta di pezzi scadenti e graffiati.  Un luogo di conforto quella desolazione, una metafora del suo Io, l’Io di una donna cha ha avuto un  primo marito suicida , una figlia lontana, un secondo marito narcisista e distratto. Una donna che cerca la calma necessaria per rimettere insieme gli eventi della sua vita. Ma quella casa sul promontorio non è abitata solo dal mare, ma dall’inquietante memoria di una tragica passione, nelle cui trame si troverà sempre più avvinta..Apparso per la prima volta in Italia come “La marea delle quadrature”, “Il cottage dull’oceano” di Dorothy Hewett raduna in sè la grande produzione gotica inglese sullo sfondo della lotta degli aborigeni.
Il cottage sull’oceano
Dorothy Hewett
Neri Pozza