Ci sono Paesi in cui il tè scandisce i momenti della giornata, altri in cui è simbolo di accoglienza, di compostezza, di calma. Che sia con lo zucchero, con il latte, con il limone, nero o verde, con le spezie o con la menta, che lo si accompagni con pasticcini o sandwich, il tè fa parte della quotidianità di interi popoli ed è la bevanda più diffusa al mondo dopo l’acqua. Tanto che non a caso nasce a Venezia – che nei suoi 1600 anni di storia è stata ed è tuttora crocevia fra Oriente e Occidente – l’Accademia del tè Ar-Tea Academy, fondata dalla sommelier del tè Gabriella Scarpa. Mamma inglese e papà veneziano, appassionata di ceramica al tornio e in particolare della tecnica giapponese raku, Gabriella è diventata sommelier del tè a Londra e in Italia ha aperto la sua Accademia: qui spalanca le porte a una cultura che ha le sue radici in Cina, dove i monaci ne appresero i mille benefici e utilizzarono questa pianta come tonico capace di mantenerli svegli e tranquilli durante le lunghe veglie meditative. 

Nel dominio della Serenissima, dove fioriscono le vigne, Gabriella insegna a “scegliere, a preparare, a servire, ad abbinare tutti i tè del mondo in un sentimento di cordialità della gestualità che lo accompagna. La lentezza, la precisione, l’eleganza dei gesti puliti e mirati. Offrire una tazza di tè – racconta – è quello che faccio con ogni ospite. Non è solo una tazza di tè ma un momento di attenzione, un regalo, qualcosa di prezioso che si dona con amore e cerco di trasmettere questo sentimento usando la cultura del mio paese”. Dietro a una tazza di tè ci sono rituali solenni e codificati, ci sono le culture di tutto il mondo. Fatta di gesti, di lentezza, di strumenti, di silenzio, la cerimonia del tè è un’armonia tra uomo e natura che prevede di attivare tutti i sensi per assaporare la bevanda. Così come per il vino c’è la temperatura di servizio, per il tè bisogna scegliere la temperatura di infusione, la porcellana adatta, le pinze per raccogliere le foglie. Perché nulla è lasciato al caso. La magia del tè, come la chiama Gabriella, avviene quando la foglia è bagnata e cioè quando torna alla forma originale, quando si possono notare forme e colori diversi: germogli, foglie piatte e gemme apicali. 

“Il tè è perfetto qui a Venezia, è un momento di riposo, di meditazione, di scambio culturale, di calore e di condivisione. In una città come Venezia – continua – il tè dovrebbe avere un ruolo centrale, invece è rimasto sconosciuto. In una città che ha il sapore d’Oriente, la componente del tè, unita alla tradizione romantica occidentale, si sposa perfettamente. La mia Academy è a Venezia nella speranza di poter offrire alla mia città qualcosa di veramente prezioso”. 

E se qualcuno pensa che per preparare un tè basti immergere una bustina in una tazza d’acqua bollente, Gabriella insegna invece a ripercorrere una storia che si perde nei tempi, migliaia di anni fa. Ed educa alla categorizzazione delle sei topologie di tè secondo la tabella cromatica cinese, utilizzata universalmente per classificare i sei colori del tè in base al loro livello di ossidazione, e quindi al processo di lavorazione che le foglie fresche di Camellia Sinensissubiscono per diventare tè. Si degustano tè bianchi, gialli, verdi, verdi azzurri, rossi e neri che rappresentano le basi sui cui poi si possono creare tutti i tè, aromatizzati aggiungendo altri ingredienti o profumandoli con fiori a contatto, secondo la tradizione cinese, ad esempio. Nelle sue lezioni si parla di ossidazione, di fermentazione, di acqua e di terroir mettendo a confronto tè della stessa classe ma di provenienza diversa. Si insegna a prepararli con differenti parametri di infusione e a servirli utilizzando gli utensili adatti. Perché il sommelier del tè, come il sommelier del vino, deve saper scegliere i fornitori, i tè e gli accessori per le aziende per le quali lavora. Deve saper conservare adeguatamente i tè preziosi, conoscerli profondamente, saperli raccontare, abbinare, proporre e preparare. Deve saper creare una carta del tè, le etichette per le confezioni conoscendone la qualità e il prezzo. Conoscere le tradizioni di ogni Paese ed essere capace di trasmetterle. 

“Quello che ci può insegnare la Cina è molto importante e cerco di portarlo in Italia abbinando la modalità cinese di concepire il tè alla cultura italiana, ovvero soffermandoci, fare le cose capendole, considerandole, cercando di farle bene – conclude – Fermarsi e cercare di capire quello che stiamo facendo, farlo bene e di concedere a noi stessi un momento di relax, di condivisione, di bellezza, di ricerca è quello che io voglio portare in Italia attraverso la cultura del tè”.