«Il futuro è rosa». Anche quello dell’Inno nazionale. Così, Calzedonia, popolare marchio di calze e collant, dopo la precedente campagna pubblicitaria fondata sull’auspicio solidale «Speriamo che sia femmina», ha deciso di elevare i toni dei suoi messaggi promozionali regalando confetti rosa all’Inno nazionale: “Sorelle d’Italia, l’Italia s’è desta…”, mentre storie dal sapore di donna scorrono lente sulle note del canto patriottico rivisitato da voce femminile.In molti non hanno gradito. Dall’Associazione dei consumatori al mondo della politica e dei detentori dell’amor patrio, si sono  alzate voci di dissenso e di ribrezzo verso lo stravolgimento nei contenuti dell’Inno per fini esclusivamente pubblicitari. Emblematico il caso di Angelo Vaccarezza: “E’ una vergogna”, ha detto il Predidente della Provincia di Savona, noto per le numerose iniziative patriottiche. Ancor più risentito, se si pensa che è passato poco tempo dal terribile attentato di Kabul e dalla proclamazione del lutto nazionale. In questa nuova storia di polemica all’italiana, tuttavia, non manca neppure chi stigmatizza, pensando che l’uso commerciale potrebbe difendere l’essenza dell’Inno, spesso sottoposto ad attacchi gratuiti. E se è sempre vero che la virtù è a metà tra oppositori e indifferenti, non si può negare che gli aspetti creativi della pubblicità non risultano sempre efficaci e a lunga scadenza. Per dirla da specialisti, l’effetto di rimanenza volge in direzione negativa, quando la sconfitta di Annibale a Zama e le chiome della Vittoria schiava di Roma passano ai più attraverso il canale sbagliato.