La successione al “Trono”, gli spot fatti di gambe conturbanti, i balletti sensuali nei quiz del tardo pomeriggio, la privacy ostentata dei vari Grande Fratello. Bigottismo oltremodo combattuto, sono queste le forme attuali e ben frequenti dell’immagine femminile in tv. Così, dopo divorzio e aborto, sono in crescita le donne che rivendicano il diritto di esibire il corpo e di apparire. Anche quelle che aspirano alla fiction, la via preferenziale è ormai tracciata: corpi senza testa, fischi per fiaschi e lucciole per lanterne, come quando Mozart diventa un marchio popolare di cioccolatini da consumo di massa. Uno smacco continuo per i depositari orgogliosi della “cultura superiore” e per tutti gli etnocentrici. Ma quando tv e potere politico diventano inscindibili, le cose si complicano ulteriormente. Oggi c’ha pensato “Videocracy”, la pellicola travagliata di Gandini, a tendere una nuova trappola, imputando gli inizi della deviazione a Silvio Berlusconi con un programma di spogliarelliste in bianco e nero di una tv piemontese, fino ad abbracciare il “Drive In”. Il problema è che si sono alzate voci a difesa personale, il noto archietetto Fuksas si è beccato un tapiro per aver confuso “Drive In ” con “Colpo Grosso” e Antonio Ricci ha pronunciato la sua apologia. E l’uso strumentale del corpo femminile? Inevitabile l’indignazione e il rischio di infondere in qualcuno il sapore nostalgico dei vecchi costumi, come dei vecchi ruoli.  Anche tracciati gli ipotetici esordi della “donna-oggetto”, si respira aria di mistificazione.  Le immagini sexy e i modelli di perfezione estetica continuano ad alterare la percezione delle utenti più giovani. E negli uomini a spegnere i centri neurali dell’empatia.