La scrittura metafisica ricca di suggestioni di Antonio Tarantino, le magnetiche personalità di un grande maestro della scena come Giorgio Albertazzi e di Marina Confalone, a cui si affianca Deniz Ozdovgan, sono materia del linguaggio scenico concepito da Antonio Calenda per uno spettacolo che affronta i temi delicatissimi e necessari dell’estremismo islamico, del terrorismo, attraverso il racconto delle ultime ore di una giovane donna kamikaze. Nel testo assurdo, significativo, inquietante di Antonio Tarantino, può accadere che una kamikaze, dopo essersi fatta esplodere, torni a portare questo crudo messaggio ai suoi genitori e al mondo.La casa di Ramallah narra un viaggio metafisico attraverso la Palestina martoriata: un padre e una madre trascorrono le ultime loro ore con la figlia Myriam, percorrendo la strada che li conduce dove si compirà il suo destino di kamikaze. Il treno su cui i tre viaggiano, annulla la distanza di pensiero fra la nostra realtà e quella del mondo arabo. Il dialogo irragionevole eppure toccante fra i tre, fitto, dolente, pieno di autosuggestioni e fanatismi, ma anche di verità del cuore, incatena l’attenzione del pubblico, forse sconvolto da genitori che accondiscendono a una simile scelta, forse ferito da immagini cui quotidianamente assistiamo in tv ma che probabilmente, attraverso il linguaggio teatrale, ci colpiscono con maggior violenza. In ciò sono complici la scrittura straripante, ossessiva dell’autore e la sferzante, partecipe regia di Antonio Calenda, che con questa messinscena prosegue deciso nel percorso dedicato ai grandi drammaturghi contemporanei italiani.  Di notevole spessore il cast che il regista ha coinvolto nel progetto: uno dei massimi maestri della scena italiana, Giorgio Albertazzi, assume il ruolo complesso del padre, il personaggio della madre conterà sulla classe e intensità interpretativa di Marina Confalone, mentre Deniz Ozdovgan presterà la propria recitazione rigorosa alla terrorista.  Roma.Teatro IndiaDal 6 al 16 maggio